Varianti in crescita (c’è anche la brasiliana)
Covid, stretta sul tracciamento

Positivi due bergamaschi rientrati dal Sudamerica, asintomatici. «Inglese», i contagi salgono a 9. Ats: super lavoro per individuare i contatti.

Primi due casi di variante brasiliana accertati nella Bergamasca: si tratta di due cittadini orobici rientrati dal Paese sudamericano prima che il Ministero della Salute bloccasse i voli in partenza dal Brasile. A confermarlo Ats Bergamo, che specifica di avere già tracciato i contatti dei due bergamaschi: tutti negativi.

Variante brasiliana: primi casi

«I nostri due concittadini tornati dal Brasile stanno bene, sono asintomatici – spiega Lucia Antonioli, alla guida del Dipartimento di Igiene e Prevenzione Sanitaria –. L’esito del loro tampone, positivo alla variante brasiliana, c’è stato confermato il primo febbraio. Siamo riusciti ad intercettare e isolare questi due casi contattando l’intero elenco di bergamaschi rientrati dal Brasile nelle due settimane precedenti al 16 gennaio, data in cui il Ministero della Salute ha imposto con un’ordinanza lo stop ai voli. Dei dodici nostri concittadini rientrati, solo due sono risultati positivi alla variante. Ma essendo tornati da poco dal viaggio, i loro contatti nella nostra provincia sono stati estremamente limitati. Li abbiamo comunque tracciati tutti, e nessuno è risultato positivo».

La variante inglese circola

Notizie meno incoraggianti arrivano invece dal fronte variante inglese: il numero di bergamaschi positivi alla mutazione sbarcata da oltre Manica è salito a nove (fino a fine dicembre erano quattro, diventati sei settimana scorsa). Di questi nove – tutti asintomatici o con sintomi non severi – quattro non hanno alcuna relazione con l’Inghilterra: non sono nè tornati da un viaggio, nè tantomeno sono contatti di viaggiatori. «La variante inglese ormai circola anche da noi – osserva Antonioli -. Ma, del resto, ce lo aspettavamo. É ormai acclarato si tratti di una mutazione che rende questo virus molto più contagioso, e non pensavamo certo di essere un’isola felice». Riferimento che rimanda a quanto sta succedendo in queste ore nel Bresciano, dove nel comune di Corzano (1.400 abitanti) è stato accertato un focolaio proprio di variante inglese: le autorità sanitarie, insospettite da una crescita vertiginosa dei casi che ha portato a intercettare 139 contagi (praticamente il 10% della popolazione), ha deciso di sequenziare un campione dei tamponi positivi, scoprendo un numero significativo di mutazioni d’oltre Manica. Il focolaio sarebbe scoppiato nell’ambito scolastico, con alunni della scuola materna ed elementare (poi chiuse dal sindaco, positivo pure lui) contagiati, insieme a familiari ed insegnanti.

Nessun caso di sudafricana

Ma c’è una terza mutazione che preoccupa gli esperti: si tratta di quella proveniente dal Sud Africa. Per ora, nella Bergamasca non se n’è trovata traccia.

Dal Ministero della Salute è però arrivata una stretta sul lavoro di tracciamento portato avanti dalle autorità sanitarie: lavoro diventato più che mai prezioso, per arginare tempestivamente focolai di varianti. Fra le misure imposte dal Ministero la necessità di isolare e tracciare i contatti di qualsiasi tampone sospetto, ancor prima che il lavoro di sequenziamento confermi la positività alla variante. Ci sono infatti alcuni marcatori che, in laboratorio, fanno arricciare il naso agli esperti: in particolare l’assenza di uno specifico gene, che sembra proprio fare da campanello d’allarme per le varianti.

La ricerca dei contatti

«Ma nella circolare ministeriale emanata lo scorso 31 gennaio, ci sono state imposte anche altre misure che rendono il nostro lavoro più stringente – fa sapere Lucia Antonioli –. In primis, dobbiamo tracciare e fare controlli a tutti i contatti che il positivo ha avuto nei 14 giorni precedenti al tampone: fino al mese scorso lo facevamo solo per i contatti avuti nelle 48 ore precedenti. Una novità che si traduce in un carico di lavoro chiaramente maggiore: se i contatti di una persona in 48 ore si contano sulle dita di una mano, in 14 giorni diventano mediamente una quarantina. Significa una quarantina di persone da tracciare e testare: un lavoro decisamente corposo per una squadra, la nostra, composta da meno di trenta addetti».

Ma la stretta va oltre. Dal Ministero è arrivata anche l’indicazione di disporre l’isolamento ed eseguire il tampone molecolare (sia al momento dell’identificazione, sia alla fine della quarantena dopo 14 giorni, anziché 10) anche ai contatti a basso rischio: nello specifico, anche a chi è stato a contatto con il positivo alla variante per meno di 15 minuti. «Ci sembra di essere tornati all’inizio della prima ondata – ricorda Antonioli –: alcune di queste misure, più rigide, appena introdotte ci riportano infatti al lavoro che eseguivamo lo scorso marzo, quando siamo stati travolti dalla pandemia. Isolare i contatti avuti 14 giorni prima del tampone positivo alla variante, anziché nelle 48 ore precedenti, significa tornare indietro di un anno. E questo la dice lunga su quanto sia ritenuto fondamentale arginare tempestivamente eventuali focolai di varianti. In particolare di quella inglese, l’unica che in questo momento sembra essersi diffusa sul nostro territorio, con casi autoctoni, ossia che nulla hanno a che fare con l’Inghilterra».

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