Coronavirus, bene alimentari e online
Modello iper in crisi: ricavi giù fino al 70%

Citerio (Fisascat): scontrini in calo del 50%, clientela anche dell’80%. Volano
le vendite dei «discount».

Forte incremento degli acquisti di alimentari nella grande distribuzione e del commercio on line a livello nazionale. Secondo i dati diffusi dall’Istat, a febbraio l’aumento più significativo a livello tendenziale delle vendite è stato registrato dalla grande distribuzione, in crescita dell’8,4%, e quella che cresce con la maggiore intensità in questo segmento è la vendita dei beni alimentari salita del +9,9% rispetto a un anno prima. Quanto invece alle imprese operanti su piccole dimensioni il valore delle vendite è aumentato del 3,3%.

Ma questi dati positivi vanno integrati con un’analisi elaborata dalla Fisascat-Cisl di Bergamo che parla di un modello «iper» (cioè le grandi strutture di vendita inserite nei centri commerciali) in difficoltà già da tempo e messo ancora più in crisi dall’attuale situazione. E questo proprio in una provincia tra le più colpite dall’emergenza coronavirus.

Alberto Citerio, segretario generale della Fisascat-Cisl di Bergamo, parla di cali di fatturato fino al 70% per le grandi superfici. «La crisi - spiega - è stata accelerata dall’epidemia del coronavirus e non è detto che l’auspicata conclusione della quarantena generale debba per forza rimettere a posto tutte le carte».

Secondo il sindacalista «la “forma iper” nel commercio ha perso la sua “spinta propulsiva” dopo aver toccato il suo apice nel decennio precedente». «Ora - prosegue Citerio - il settore cerca nuove ricette per uscire da una crisi che negli ultimi anni ha comportato una perdita del 30% dei posti lavoro».

«Complici le disposizioni del Governo che invitano a recarsi nel punto vendita più vicino - prosegue il sindacalista - le grandi superfici di vendita all’interno dei centri commerciali della provincia hanno registrato cali di fatturato che vanno dal 30 al 70%, cali della clientela che toccano punte dell’80%».

«Nei vari ipermercati - prosegue il segretario generale provinciale della Fisascat-Cisl - il personale denuncia casi di malattia per il 35-40% del totale, la percentuale media di calo di scontrini si aggira sul 50%, mentre c’è un incremento dello scontrino medio, a testimonianza che vi si reca solo per spese più consistenti, e non più per la spesa giornaliera».

«Quella che era una tendenza già in atto (crisi di iper e ripresa del negozio) - continua Citerio - il virus lo sta accentuando. Le gallerie commerciali vengono percepite come luoghi non sicuri e non accoglienti, e comunque lontani e fuori dalle cerchie concesse dai comuni».

Già prima della crisi sanitaria, a Bergamo, in 10 anni, è stato registrato un calo del 30% degli occupati del settore; la produttività è scesa del 22%; la superficie complessiva di vendita non cresce più; oltre la metà dei consumatori preferisce fare la spesa sotto casa, e i negozi indipendenti specializzati hanno l’indice di soddisfazione più alto(47%).

«Dopo la “sbornia inauguratrice” dei primi 2000, negli ultimi cinque anni le nuove aperture in provincia di Bergamo sono stati una decina di nuovi discount e altrettanti supermercati di medie dimensioni. Niente più iper».

«Gli ipermercati nei centri commerciali in provincia occupano circa 6 mila dipendenti – conclude il sindacalista - in tante situazioni sono già stati attivati ammortizzatori sociali, con qualcun altro se ne sta discutendo, mentre le catene discount chiedono aiuto per reclutare personale».

Intanto - conclude la Fisascat - volano i discount: in alcune catene, il fatturato di marzo è salito del 100% rispetto allo stesso mese del 2019, e le catene sono alla ricerca di personale.

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