Ordini annullati e crisi di liquidità
La filiera tessile fatica a ripartire

A un mese dalla ripartenza, la crisi del tessile bergamasco è un dato di fatto. Buona parte delle oltre 300 società di capitali del territorio ha chiesto la cassa integrazione con ricadute su almeno seimila addetti.

La crisi di liquidità si fa sentire su un comparto che fino all’anno scorso viaggiava su un fatturato complessivo di due miliardi di euro. «L’impatto del lockdown è stato pesante - ammette Chiara Ferraris, presidente del Gruppo Tessile-Moda in Confindustria Bergamo - anche se vanno fatti dei distinguo».

Il tessile moda è molto legato alla stagionalità. A fine febbraio erano appena state presentate le collezioni per il prossimo autunno/inverno, ma l’emergenza Covid ha creato un effetto domino che ha bloccato tutta la filiera. «In quel momento dovevano partire gli ordini che avrebbero dato il la alla produzione, invece il Covid ha fermato tutto - spiega Ferraris -. Anche le aziende che realizzano i tessuti si sono trovate a dover chiudere gli impianti, perciò non sono partiti neppure gli ordini a monte per i filati».

Non solo: quando ormai i capi erano già stati consegnati ai negozi, nell’abbigliamento sono completamente saltate le vendite della stagione primaverile ed è sfumata anche tutta la stagione delle cerimonie. «I punti vendita si sono trovati a dover decidere se tenere in magazzino le collezioni per usarle il prossimo anno o presentare solo alcune proposte per sventare il rischio di non riuscire a vendere tutto».

Le aziende tessili bergamasche hanno un’alta vocazione internazionale: il 50% del loro fatturato si basa sull’export. «Al momento della riapertura, un mese fa, era cambiato il mondo - aggiunge Ferraris -. Con gli altri mercati ancora in piena pandemia, a cominciare dagli Stati Uniti, molti ordini sono stati annullati». Non da meno lo scenario nazionale: «Nel retail i clienti stanno chiedendo alle aziende sconti importanti, anche del 30-40%, sia sui nuovi acquisti sia sulla merce già ricevuta, perché per due mesi hanno avuto tutti i costi fissi e zero fatturato. È evidente - sottolinea Ferraris - che se la crisi del 2008 era stata finanziaria, questa è una crisi del consumo, quindi bisognerà capire se ci sarà un ritorno della fiducia e, soprattutto, cosa succederà in autunno: già il clima di incertezza genera cautela negli ordini, un eventuale ritorno di Covid sarebbe il colpo di grazia per il tessile e la moda. Peraltro l’invenduto di quest’anno rischia di pesare sulla primavera-estate 2021, perché ovviamente ci saranno meno ordini sulle nuove collezioni».

Gli altri mercati e le fiere

Anche il tessile per l’automotive è in forte sofferenza: il mercato è crollato e la diffusione dello smart working non aiuta. Solo eventuali incentivi governativi potrebbero ridare speranza alla filiera. È fermo pure il tessile per l’hotellerie, con molti alberghi ancora chiusi e previsioni incerte per la stagione estiva. «Con il turismo fermo, anche chi vende moda mare nelle località di vacanza rischia di non avere fatturato», puntualizza Ferraris.

Sono state cancellate anche tutte le fiere di settore per i prossimi mesi. «Tante aziende tessili stanno mettendo a punto collezioni virtuali per non farsi trovare impreparate - racconta Ferraris -. L’innovazione digitale diventa un must anche nel tessile. Già da tempo i tessuti non vengono più progettati a mano, ma attraverso il Cad, che consente di vedere il risultato finale: ora bisogna fare un passo in più sulla condivisione con i compratori, come succede già con quei programmi che consentono di scegliere un capo e provarlo virtualmente in tutte le sue varianti di colore». Pur perdendo l’elemento tattile, il vantaggio potrebbe essere la riduzione dei costi di preparazione delle collezioni.

Qualche segnale di speranza, però, c’è. «Dopo tante settimane trascorse in casa, le aziende di tessile per la casa fanno conto sulla voglia di rinnovamento dei consumatori, così come ci sono tenui segnali di ripresa nel campo dei tessuti tecnici per l’edilizia e nel mondo del lusso - conclude Ferraris -. L’altro dato che si può leggere in positivo è che la pandemia ha aperto gli occhi sugli eccessi della globalizzazione: ora si comprerà meno sul mercato asiatico e ci si rivolgerà di più a quello europeo per stringere i tempi di produzione e correre meno rischi». E una filiera più corta potrebbe avere ricadute positive anche sul tessile bergamasco.

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