Africa senza dazi
Svolta competitiva

Il primo giorno di questo nuovo anno verso cui rivestiamo tutti grandi speranze e malcelate ansie, ha visto la quasi totalità dei social media celebrare forse con sin troppa enfasi l’entrata in vigore della «Brexit». Ebbene, lo stesso primo gennaio 2021 si è assistito al compimento di un evento di proporzioni senza dubbio maggiori di quello che vede l’uscita di Londra dalla Ue. Si tratta, infatti, dello straordinario accordo commerciale di libero scambio, battezzato «African Continental Free Trade Act» (AfCFTA), che prevede la riduzione del 90% dei dazi imposti per il commercio tra i Paesi africani, che esclude solo un 10% di prodotti definiti «sensibili». Sono coinvolti 54 Paesi su 55 (non vi ha aderito l’Eritrea), cioè una comunità di un miliardo e trecento milioni di persone, popolosa come la Cina. Questa iniziativa, di cui l’Europa si è inopinatamente disinteressata, parte da molto lontano.

Per l’esattezza dal maggio 2013, quando ad Addis Abeba 55 Stati africani hanno concordato un programma chiamato «Agenda 2063», che si poneva l’obiettivo di realizzare «un’Africa integrata, prospera e pacifica, guidata dai suoi stessi cittadini, che deve rappresentare una forza dinamica sulla scena internazionale».

Negli anni successivi si sono susseguite discussioni, incontri e congressi, fino al «Vertice straordinario dei Capi di Stato africani di Niamey» del 7 luglio 2019, che ha prodotto l’accordo entrato in vigore solo dal primo gennaio di quest’anno, perché necessitava della ratifica di almeno 22 Paesi e con la quasi certezza che la maggior parte degli altri si aggiungerà nei prossimi mesi (qualche resistenza viene ancora dalla Nigeria, timorosa che l’accordo possa danneggiare il proprio settore manifatturiero). L’inaugurazione dell’accordo è stata così salutata dal Presidente del Ghana, Nana Akufo-Addo: «La nuova Africa emerge con impeto e strategia, aspirando infine ad essere davvero indipendente». Da parte sua, il segretario generale dell’AfCFTA, Wamkele Mene, ha dichiarato: «Per il nostro continente oggi è un giorno storico. Questo accordo deve essere uno strumento di sviluppo, finalmente adottiamo misure per smantellare il modello coloniale ereditato e mantenuto negli ultimi 50 anni».

La presenza di dazi commerciali tra i vari paesi africani penalizzava enormemente gli scambi interni, rendendo più convenienti quelli con il resto del mondo. Secondo un rapporto di Hippolyte Fofack, capo economista di African Export-Import Bank, AfCFTA rinforzerà il potere negoziale africano nelle trattative globali, spostando le frontiere del libero commercio verso un processo più inclusivo di globalizzazione. Saliranno i salari per i lavoratori sia specializzati che no e il commercio africano potrebbe raddoppiare entro il 2030, fruttando al resto del mondo oltre 60 miliardi». La Banca Mondiale prevede che, con la quasi eliminazione dei dazi, entro il 2025 il commercio infra-africano crescerà dal 15% al 40%, sviluppando un mercato di 1,2 miliardi di consumatori che potrebbero raddoppiare entro il 2050. Insomma, con l’avvio di questo accordo si è attuato il primo significativo passo di un percorso puntualmente tracciato nell’Agenda 2063 che, seguendo l’esperienza europea, prevede anche la realizzazione nei prossimi vent’anni del «Mercato Comune Africano» e dell’Unione Monetaria. Tutto ciò non sarà certamente agevole perché il Continente africano vive in questo momento due diverse prospettive: da una parte vi è il progetto «Agenda 2063» che potrebbe incidere sugli assetti geopolitici mondiali avendo come prospettiva il «panafricanismo»; dall’altra c’è la crescente minaccia di un «neo-colonialismo» caratterizzato dal finanziamento di grandi progetti infrastrutturali da parte della Cina (autostrade, ferrovie, porti, aeroporti), che hanno come contropartita vantaggi per lo sfruttamento di materie prime (petrolio, ferro, rame e zinco). L’Unione Europea, chiamata ad affrontare ormai insostenibili flussi migratori, non dovrebbe assolutamente attendere che l’Africa agisca isolata nella risoluzione dei suoi tanti problemi interni e nella valorizzazione delle sue enormi potenzialità. Agenda 2063 e l’accordo di Niamey hanno dato concreto avvio a un grande disegno socioeconomico che deve in tutti i modi essere accompagnato e sostenuto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA