Difendere
il Parlamento

Il passaggio alla Camera della manovra di bilancio, con la sua tempistica sincopata, non può che replicare il cattivo esempio della prima lettura al Senato. Possiamo solo sperare in forme meno rozze. L’eclisse del Parlamento, dopo decenni di antipolitica, non emoziona certo le piazze, ma è persino più grave della pericolosità della manovra, che, per evitare l’esercizio provvisorio, non potrà neppure accettare modifiche. Un gran correre in mezzo alle festività, dopo mesi di inerzia (52 giorni effettivi di lavoro su 200). Ma il Bilancio è la legge più importante, quella che giustifica da sola (Magna Carta, 803 anni fa) l’esistenza di un Parlamento, umiliato invece prima da un testo dichiaratamente finto, poi da una lunga attesa e infine da un voto alla cieca.

Passi, la saga dei «numerini», delle «letterine», dei Babbo Natale, degli insulti ad una Commissione presieduta da un bevitore. Passi, la decisione in segreto di quattro politici a Roma e quattro euroburocrati a Bruxelles. Avremo una ghigliottina di 50 miliardi Iva sulla testa, ma se non altro, sono saltati subito 10 miliardi a debito, ne sono stati congelati 2 (un pegno…), è stata tagliata del 40% una previsione di crescita irreale, è stato ridotto di un terzo un deficit abnorme. L’attentato al Parlamento, invece, resta, e si cumula con i colpi di chi voleva dimezzarlo usando, per vincere un referendum, argomenti a loro volta sprezzanti, e alimenta il discredito che l’assemblea stessa si è procurata negli anni, con gli Scilipoti e i Razzi. La centralità del Parlamento non solo è l’essenza della Costituzione, ma è stata celebrata all’inizio di questa legislatura da un Presidente, Roberto Fico, che è del partito che lo voleva aprire come una scatola di tonno, contenitore che, come si sa, una volta aperto, si butta.

Il Parlamento è una garanzia per tutti, in particolare per le minoranze che sono il seme del futuro, come è accaduto proprio a 5Stelle e Lega. È il simbolo e la realizzazione del pluralismo. Il governo ne è l’emanazione, non la contraddizione. È la sua sovranità che ha consentito legittimamente la nascita di un governo formato da due partiti fortemente cresciuti nelle urne grazie ad una feroce contrapposizione l’un contro l’altro. Perché questa è l’intelligenza flessibile della politica e della democrazia, di cui è garante Sergio Mattarella, ieri traditore da mettere sotto accusa, oggi angelo custode. L’autonomia del legislatore dovrebbe essere inviolabile. Quasi tre secoli fa, Montesquieu la chiamava separazione dei poteri. Alla fine, la legge dei numeri resta certo la regola, ed è per questo che il voto di fiducia ha la sacralità della legittimità democratica, ma non può non essere preceduto da un esame che consenta almeno la valutazione di alternative. Il rispetto per gli elettori, favorevoli e contrari, non è forma, è sostanza. Come ha detto Emma Bonino, tutti hanno bisogno, prima o poi, di questo. Il dibattito in Commissione, la doppia lettura Camera-Senato, il voto punto per punto, non sono lungaggini ma confronto.

Al voto di fiducia hanno fatto ricorso tutti i governi e non c’è da scandalizzarsi se chi ieri parlava di attentato oggi lo utilizza addirittura con arroganza. Ma era migliore un’opposizione che con Calderoli faceva 82 milioni di emendamenti contro la riforma di Renzi, che un governo che lega le mani ai suoi parlamentari, e anche ai suoi avversari, compresi quelli di Forza Italia che hanno contribuito all’elezione di molti leghisti. La novità è che questo sia avvenuto nel passaggio decisivo senza neppure aver potuto leggere in anticipo i testi, svelati in «zona Cesarini». Quando si decide sulla vita (lavoro, pensioni) di 60 milioni di persone, sia chi vota contro che chi vota a favore, deve sapere cosa sta facendo. È irresponsabile il deputato che non si sforza di capire, ma è la morte della democrazia se pigia un bottone solo per ordine superiore. Il Parlamento non è una caserma, anche se il mitico contratto già prefigura l’illiberale vincolo di mandato. Una politica nata con lo streaming, è già finita se abbiamo centinaia di parlamentari con gli occhi bendati, e opposizioni che non riescono neppure a farsi bocciare i loro emendamenti.

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