Epidemia e polemiche
Governo sotto stress

Per affrontare l’emergenza coronavirus il governo è quasi in seduta permanente, più alla Protezione civile (dove è stato varato l’ultimo decreto di emergenza) che a Palazzo Chigi. Il presidente Conte si collega con tutte le trasmissioni possibili per dimostrare trasparenza e chiedere senso di responsabilità mentre al Mise Gualtieri e Patuanelli convocano le associazioni dei datori di lavoro per valutare misure di sostegno alle attività danneggiate. Insomma, ci si muove, e non poco, per affrontare l’epidemia. E tuttavia, dicono i sondaggisti, la fiducia nel governo in questi ultimi giorni è calata di una ventina di punti mentre è salita, e di parecchio, la paura per una possibile pandemia.

Probabilmente è il riflesso del disagio che stanno vivendo gli italiani, con le vaste aree del contagio tra Veneto e Lombardia, chiuse e isolate; con problemi di lavoro, di commercio, di turismo, di traffici nelle zone più produttive e industrializzate del Paese, con la Borsa di Milano che ieri ha bruciato trenta miliardi di capitalizzazione in un giorno, con i Paesi esteri che cominciano a bloccarci alle frontiere o a sconsigliare i viaggi nella Penisola: tutto questo non poteva non riflettersi sul governo. C’è chi lo accusa di essere intervenuto tardi (non accettando la richiesta dei governatori del Nord di sottoporre a quarantena chiunque venisse dalle zone «incriminate» della Cina) e c’è chi invece contesta le misure di protezione varate tre giorni fa considerandole troppo severe. Contemporaneamente ci sono episodi, fortunatamente pochi, di presidenti di regione che vanno per conto loro, come quelli di Basilicata o Calabria, che vogliono bloccare o isolare chiunque provenga dal lodigiano o dal padovano. Conte ha dovuto telefonare in diretta tv al governatore delle Marche per chiedergli di rimangiarsi il decreto con cui bloccava tutte le attività pubbliche in una regione che ha zero casi di contagio.

Pesa su tutto questo anche il clima pre-elettorale? Certo che pesa, come non potrebbe? Nelle Marche si vota tra poco come in Veneto, in Toscana, in Liguria, e gli interessi dei partiti si fanno sentire. Ciononostante, almeno all’apparenza, intorno alla presidenza del Consiglio e alla Protezione civile viene dimostrato un clima di concordia istituzionale. I due governatori più impegnati, Fontana e Zaia, non fanno che ripeterlo e per delicatezza non ricordano a Conte e al ministro della Salute Speranza che la loro proposta (probabilmente di buon senso, come anche ha detto anche il virologo professor Burioni) è stata bocciata senza complimenti quando ancora circolava lo slogan per cui la quarantena era una misura razzista o discriminatoria.

In questo clima del «non facciamo polemiche, siamo in emergenza», l’unico a distinguersi è Matteo Salvini. Quando Conte ha fatto il giro telefonico dei capi dell’opposizione per anticipare loro il contenuto del decreto, ha trovato subito Giorgia Meloni, ha parlato con Silvio Berlusconi, ma con Salvini non c’è stato alcun contatto. «Non ha risposto né alle mie telefonate né al messaggino che gli ho mandato» si è lamentato il presidente del Consiglio. In effetti Salvini in tutti questi giorni non le ha certo mandate a dire né a Conte né ai suoi ministri. Giorgia Meloni non ha risparmiato una frecciata a Conte («non creda che con l’emergenza si stia rafforzando, anzi») ma nello stesso tempo si è messa a disposizione per collaborare. Salvini invece ha scelto la linea dura e semmai ha mostrato di voler sostenere solo i governatori leghisti. Anche questo è un atteggiamento che presto i sondaggisti «peseranno»: da una parte c’è chi, contro il governo, apprezza la polemica salviniana; ma dall’altra c’è anche chi gli dà dello «sciacallo» accusandolo di speculare sulle disgrazie per continuare la sua campagna elettorale.

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