Eroismo ed egoismo convivono
nel Paese. Chi deve fare giustizia

Gli italiani stanno mostrando – in larghissima maggioranza – di saper rispondere con senso di responsabilità alle difficoltà derivanti dalla lotta contro un nemico invisibile e subdolo. Principalmente di fronte alle limitazioni e alle restrizioni che il governo, consapevolmente e con intelligenza, ha imposto a ciascuno di noi. Comportamenti di grande dignità, che riscattano, agli occhi del mondo, radicati pregiudizi sul «carattere» del nostro popolo. Questo patrimonio di esperienze, di solidarietà, di capacità di sacrificio potrà essere ben speso allorché si tratterà di rimboccarsi le maniche per ricominciare. Sapendo che la risalita da una situazione di crisi economica e di incertezza sul futuro non sarà facile.

Come accade sempre nei momenti bui, emergono insieme il meglio e il peggio di un comunità. La storia offre esempi illuminanti in proposito. I 300 spartani, guidati da Leonida, che si sacrificarono alle Termopili in difesa della patria. Ma anche, sul fronte opposto, coloro che durante la seconda guerra mondiale si arricchivano con la borsa nera, lucrando sulla fame dei loro concittadini.

Gli accadimenti di questi mesi offrono lo spaccato di una netta divaricazione: le persone generose, da un lato; gli approfittatori, dall’altro. Personale sanitario, altri lavoratori impegnati nei settori nevralgici di beni e servizi essenziali, aziende che stanno riconvertendo la produzione, volontari che si adoperano verso i più bisognosi: sono l’avanguardia combattente di una collettività che vuole resistere, trovando nell’aiuto al prossimo il senso della propria dignità. Sull’altro versante, le cronache mostrano comportamenti a dir poco sconcertanti. Ci sono gli sconsiderati che continuano a eludere i divieti, spesso con le scuse più ridicole e assurde. Atti compiuti per pura imbecillità, ma rischiosi sia per chi li commette, sia per gli altri. Accanto ad essi i farabutti che si travestono da addetti alla sicurezza o alla cura dei malati, cercando di derubare poche decine di euro; oppure coloro che speculano sul prezzo di cose necessarie, vendendole a costi esagerati.

Ancora più intollerabili eticamente sono gli atti di sciacallaggio di coloro che sono mossi da puro interesse di parte e non si curano del danno che producono. Al riguardo fa rabbrividire la pubblicità con la quale diversi studi di avvocati invitano i parenti delle vittime da coronavirus a fare causa al personale sanitario e agli ospedali. Costoro promettono patrocinio gratuito nella richiesta di indennizzo con lo scopo di farsi pagare le parcelle sulla base dei soldi eventualmente concessi in sede di giudizio. Viene da chiedersi come sia possibile valutare con certezza le eventuali responsabilità di medici e infermieri, tenendo conto che essi lottano giorno e notte - spesso in condizioni estreme e pagando un tributo in vite umane altissimo - contro un male sconosciuto, nei riguardi del quale le cure vengono praticate soltanto sulla base dell’esperienza professionale, in mancanza di rimedi noti ed efficaci.

Altro caso tra l’incredibile e l’insensato è l’esposto-denuncia, presentato da due avvocati, contro il presidente del Consiglio e i ministri dell’Interno e della Salute. L’iniziativa è mirata a fare causa a rappresentanti delle istituzioni, che lavorano senza sosta di fronte a un evento di proporzioni immani e di indicibile complessità, avendo l’onere e la responsabilità di adottare provvedimenti che incidono sulla salute dell’intera collettività. Le scelte dei governanti non si giudicano in tribunale (tranne in casi di reati specificamente individuati), ma sono soggetti alla valutazione degli elettori. In entrambi le vicende siamo in presenza di comportamenti umanamente odiosi e inaccettabili per una comunità che voglia essere solidale. È necessario impedire che abbiano seguito.

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