Europee e spettro Iva
I litiganti per celia
diventano litiganti sul serio

Finchè c’erano da approvare le misure-bandiera (reddito di cittadinanza e quota 100), su cui i due soci del famoso contratto del cambiamento avevano messo in gioco tutta la loro credibilità, nella maggioranza regnava un’atmosfera di fervida collaborazione capace di far rientrare ogni dissidio. Appena incassato l’ok dal parlamento, i contrasti non solo si sono fatti più numerosi ma anche più profondi e tenaci. Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad un vero crescendo.

Dallo scontro sulle grandi opere e sull’alta velocità si è passati alle divergenze sulla via della seta, sul congresso delle famiglie di Verona, sull’autonomia regionale differenziata, sui porti aperti, sulla flat tax. Ci mancava solo la bufera politico-mediatica scoppiata sulla testa del sottosegretario leghista Armando Siri per il sospetto pagamento di una mazzetta, cui ha fatto seguito – praticamente in tempo reale – la richiesta da parte grillina delle sue dimissioni, perché si materializzasse un concreto pericolo di crisi del governo.

A far volgere verso un finale drammatico la commedia dei bisticci, che sinora prevedeva – e rispettava - la regola del lieto fine, non ha contribuito solo il peso delle polemiche. Pesa il cambio di tattica del M5S, convintosi che una persistente accondiscendenza verso un alleato mai pago delle prepotenze consumate a suo danno lo predisponeva ad una fine sicura. Incide poi il clima preelettorale che ha imposto a entrambi i duellanti di indossare i panni dei combattenti disposti a tutto, anche a rompere con l’alleato, pur di restare fedeli al patto stretto con gli elettori. Infine, ha inferto un colpo durissimo al loro spirito collaborativo l’incidente giudiziario di cui s’è fatto cenno. Ma forse, la spinta decisiva a convincere «i litiganti per celia» a divenire «litiganti sul serio» è venuta dalla sopraggiunta consapevolezza che la loro strada si sta facendo tutta in salita, per di più costellata di ostacoli difficilmente sormontabili: a partire dal rallentamento della crescita, che minaccia di sfociare in una recessione, per finire con lo spettro di una legge di bilancio da approntare all’indomani stesso del voto europeo, che si annuncia di lacrime e sangue.

Non è un caso che Lega e Cinquestelle siano divisi su tutto, ma si trovino d’accordo nel respingere sdegnosamente ogni ipotesi di rincaro dell’Iva. Approvate le riforme per loro irrinunciabili, i due partner sono chiamati ora ad adottare provvedimenti che non solo li vedono schierati su fronti contrapposti, ma che presentano seri rischi di impopolarità. Meglio allora mettersi sulla difensiva, o (parliamo dei Cinquestelle) per cercar di riprendere le forze e recuperare almeno una parte del credito perduto, o (siamo al caso della Lega) per mettere all’incasso il credito di consensi accumulato prima che la fortuna non volti le spalle. Le nubi addensatesi sulla testa di due suoi esponenti di punta (insieme a Siri, è finito nell’occhio del ciclone Giancarlo Giorgetti, accusato di aver assunto a Palazzo Chigi il figlio di un faccendiere più che chiacchierato) non sono un buon segnale. Per di più, sta prendendo corpo tra i leghisti la sensazione di aver raschiato il fondo del barile nella raccolta del consenso.

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