Fca-Psa, svolta
ma con insidie

Da un alleato francese all’altro.Tramontato l’asse con Renault, il gruppo italo-americano Fca (Fiat-Chrysler Automobiles) è in trattative con Psa (acronimo di Peugeot Société Anonime), che detiene gli importanti marchi Peugeot, Ds, Citroen e Opel per un «merger», una fusione, che dovrebbe fondare il quarto gruppo «automotive» del mercato mondiale. La nuova realtà infatti si posizionerebbe dietro Volkswagen, Toyota e Renault-Nissan, scavalcando General Motors, Hyunday-Kia, Ford e Honda.

La svolta, clamorosa, era nell’aria da parecchi mesi, da quando cioè si era capito che la multinazionale che fa capo alle famiglie Elkann e Agnelli attraverso la Exor non si sarebbe fermata nella ricerca di un partner, unico modo per fronteggiare le difficoltà dovute al dopo-Marchionne, a cominciare dal ritardo nelle soluzioni legate alle nuove energie «verdi», come l’elettrico o l’idrogeno.

Quest’alleanza tra le due realtà (che hanno già una collaborazione in corso per i veicoli commerciali alla Sevel in Abruzzo, prolungata fino al 2023), creerebbe un colosso automobilistico del valore di oltre 45 miliardi di euro in termini di capitalizzazione di Borsa (ma i mercati stanno facendo schizzare in alto i titoli dei due gruppi e di conseguenza il valore del capitale), con quasi nove milioni di veicoli prodotti all’anno. Se i francesi sono molto forti a livello europeo e cinese, Fca, con i marchi Fiat, Maserati, Alfa Romeo e soprattutto Jeep e i pick up americani Ram ha una copertura fortissima negli Usa, su vasta scala. In pratica i due gruppi sono due porte che si aprono sui rispettivi mercati. Se Psa si vedrebbe proiettato nel continente nordamericano, Fca finalmente avrebbe accesso non solo all’Estremo oriente ma soprattutto a quelle piattaforme «modulari» che le permetterebbero di sviluppare le tecnologie ad energia elettrica, facendo finalmente concorrenza ai tedeschi Volkswagen, fortissimi in questo campo.

Il problema rimane lo stesso, soprattutto quando di mezzo ci sono i francesi. Su quali basi? Sarà un’alleanza tra uguali o il governo francese, che detiene parte delle azioni insieme con la famiglia Peugeot e il socio cinese (dato in uscita) DongFeng (i tre azionisti hanno il 12 per cento ciascuno), vorrà la «golden share»? Macron aveva messo i bastoni tra le ruote – cinque mesi fa - con il mancato accordo Fca Renault-Nissan. Era stato proprio l’Eliseo a mandare all’aria tutto. Quale dovrebbe essere la governance di una multinazionale globale del genere? È una questione di equilibri delicati, di difficili intese, di accordi condotti sul filo del rasoio.

Gli ultimi rumors parlano di un assetto che vedrebbe come ceo (chief executive officer) l’attuale amministratore delegato di Psa Carlo Tavares, il grande manager portoghese naturalizzato francese, molto stimato da Sergio Marchionne, che ha riportato il gruppo in attivo dopo anni, mentre il presidente di Fca John Elkann manterrebbe la stessa carica.

Questo matrimonio di interessi è l’unica soluzione alla crisi del mercato automobilistico mondiale, che sta diventando sempre più problematica e difficile. Non è un caso che a pensare una soluzione del genere, a una «filiera industriale europea delle batterie» fosse stato il grande manager italo-canadese scomparso nel luglio del 2018. Il problema che riguarda sia l’Italia che la Francia è che la concentrazione potrebbe portare a una revisione degli impianti con importanti ricadute occupazionali. È per questo che i sindacati, sia quello francese che quello italiano, sono sul piede di guerra e i governi di Roma e soprattutto Parigi rimangono sul chi va là. In Europa esistono sette stabilimenti della sola Fiat. Che ne sarà dei loro operai e dei loro salari? Quali dinamiche entreranno in gioco con i cugini d’Oltralpe?

© RIPRODUZIONE RISERVATA