Cattolici in Bulgaria
La legge del discrimine

«Andiamo a Messa». Sofia, autunno 1999. La mia interprete - fervente cattolica - mi invita al precetto festivo. Nella periferia della capitale bulgara, non lontano dai grigi block – i casermoni dell’era sovietica parcellizzati in miniappartamenti - raggiungiamo un agglomerato meno triste di edifici. In una abitazione ci aspetta un gruppetto sparuto di persone. Nel salottino, un altare ha preso il posto di un divano, il crocifisso quello del quadro di un pittore locale. Il sacerdote apre il rito.

È un’immagine mesta, che a distanza di 20 anni non affievolisce quando si parla dei cattolici della Bulgaria. Clandestini a Messa o Messa clandestina, fa poca differenza. In quattro lustri quelle pagine di storia sono state cancellate. Dieci anni prima era caduto il muro di Berlino, ma non quello per le libertà di culto. Eppure i semi sparsi del vescovo Angelo Giuseppe Roncalli, rappresentante del Papa in Oriente, non potevano non germogliare. Alcuni anni dopo, i frutti sono maturati. Il 22 ottobre 2005 in via Montevideo a Sofia, l’Esarcato cattolico ha inaugurato una chiesa intitolata a Giovanni XXIII. È sorta su un terreno che lo stesso Roncalli aveva acquistato nella speranza di costruirvi un Seminario. La prima pietra era stata tolta dal museo di Camaitino a Sotto il Monte.

L’anno dopo, il 21 maggio 2006 il cardinale Angelo Sodano ha consacrato la cattedrale di San Giuseppe, davanti alla quale è stata posta la scultura di Papa Giovanni, opera dell’artista Carlo Balljana. Per il piccolo gregge di cattolici bulgari, le due chiese hanno rappresentato un vento di primavera, due luoghi di culto imprescindibili. Quel clima di pace e di dialogo che ha avvolto anche il viaggio di Papa Francesco non ha però soffocato quel turbamento che agita le chiese del Paese, dopo che il 1° gennaio è entrata in vigore la legge sui culti. Ortodossi, cattolici, musulmani, ebrei e armeni convivono pacificamente da secoli in Bulgaria. A Sofia nel raggio di 500 metri ci sono le cattedrali cattolica e ortodossa, la sinagoga e la moschea. Alle feste religiose i fedeli di diverse confessioni si invitano reciprocamente. Ma a instillare malumori ci ha pensato il Governo.

«Nel testo iniziale – ha spiegato Christo Proykov, esarca e presidente dei vescovi della Bulgaria - c’erano testi discriminatori, gli emendamenti adottati sono accettabili. Rimane discriminatorio il fatto che le confessioni religiose vengano trattate in base al numero dei fedeli: ciò si ripercuote sulle minoranze, come la Chiesa cattolica. Lo Stato si impegna a versare un sussidio per la Chiesa ortodossa e per i musulmani, secondi per numero di fedeli, mentre agli altri sarà destinato un sussidio variabile. Come cattolici in Bulgaria il nostro desiderio è di essere trattati come una confessione con una presenza storica che ha fornito un contributo notevole per lo sviluppo della società bulgara».

Prima dell’approvazione della legge, i rappresentanti delle religioni avevano inviato una lettera al Parlamento parlando di una normativa che restaurava i permessi richiesti durante il comunismo, negava la libertà delle religioni, ripristinava autorizzazioni per i sacerdoti stranieri, controllava le entrate delle confessioni, le donazioni dall’estero. Un buio ritorno al passato. Un intervento inaccettabile da parte dello Stato sull’autonomia delle Chiese e delle religioni, in parte mitigato da alcuni emendamenti, ma che fa riflettere pensando a un Paese dove mai si sono avuti crimini a sfondo religioso. E che oggi – a 12 anni dall’entrata nell’Unione europea – resta un Paese pieno di contraddizioni, alla disperata ricerca di cambiamenti. Ma che fatica a scrollarsi di dosso i fantasmi del passato.

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