I disabili tra insulti
e mance di Stato

Generano grande indignazione quando sono falsi. Con l’effetto di destare sospetto anche sulle reali condizioni di quelli veri. I disabili (o persone non autosufficienti) in Italia sono ben 7 milioni, di cui 5 hanno tra i 15 e i 64 anni. Sono spesso oggetto di reiterate discriminazioni e di limitazioni alla mobilità per qualche gradino e per l’assenza di rampe o sistemi d’accesso. Nei giorni scorsi a Milano un malato di Sla è stato costretto a farsi visitare sul marciapiede per 45 minuti: l’ambulatorio è inaccessibile alle carrozzelle per la presenza di barriere architettoniche. Una vergogna, tanto più in una grande città progressista che si vanta giustamente delle proprie performance imprenditoriali e delle innovazioni urbanistiche.

Nello scorso settembre la Fand (Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità) ha incontrato a Palazzo Chigi il presidente Giuseppe Conte sottoponendogli una serie di richieste: tra le altre l’aumento graduale delle pensioni di invalidità, ancora ferme alla mancia di 285 euro al mese, partendo da chi si trova in condizioni certificate di gravità o di plurinvalidità; valorizzare le abilità lavorative; un codice unico per le disabilità rendendo più organico l’attuale sistema normativo; riconoscere il ruolo centrale dei caregiver familiari con misure di sostegno; migliorare la mobilità e il trasporto eliminando le barriere culturali e architettoniche (ce ne sono perfino negli edifici pubblici e in quelli di nuova costruzione…) e infine garantire una semplificazione amministrativa. Gli invalidi infatti si trovano spesso a che fare con una burocrazia contorta e respingente: quelli che sono diritti diventano concessioni da parte dello Stato, elargite dopo insistenze e lunghe attese. Il famoso contratto del precedente governo, firmato da 5 Stelle e Lega, prevedeva tra l’altro l’istituzione di un ministero per le disabilità (competenza poi accorpata a quella della famiglia) ma non l’aumento delle pensioni di invalidità e dell’assegno di accompagnamento. E il reddito di cittadinanza non ha avuto lo stesso effetto che per le altre famiglie. Nel computo è stata inserita infatti anche la pensione d’invalidità, comportando una pesante sforbiciata dell’importo complessivo dell’assegno.

Nella bozza della legge di Bilancio del governo Conte 2 è prevista l’istituzione del Fondo per la disabilità e la non autosufficienza: 50 milioni di euro per il 2020, 200 milioni per il 2021, 300 milioni annui a decorrere dal 2022. Dividendo quest’ultima cifra per i 3 milioni di persone che ne avrebbero diritto risulta che per ogni disabile sarebbe previsto un aiuto economico di 54 centesimi al giorno. Fondi come quello per il trasporto invece non hanno più finanziamento. Come se non bastasse, il clima imbruttito e incattivito nel nostro Paese prende di mira anche gli invalidi, irrisi o minacciati. Nei giorni scorsi in un locale prestigioso di Padova un manager affetto da sclerosi multipla è entrato seduto sul suo mezzo elettrico. Ha preso un caffè e poi è uscito, seguito da un uomo distinto, non un disagiato delle periferie, che gli ha rivolto vari epiteti tra cui «mongoletto». Il manager ha reagito con cortese fermezza ma è intervenuto un inserviente del bar che lo ha invitato ad andarsene. Percorsa una ventina di metri, il manager è stato raggiunto dall’uomo distinto che lo ha preso per la gola. Intorno nessuno ha reagito.

Situazione difficile anche nelle scuole. Alle statali sono iscritti 245 mila alunni disabili, con 165 mila insegnanti di sostegno. Il 41% degli allievi invalidi cambia insegnante di sostegno ogni anno, il 12% nel corso dell’anno. Di recente gli alunni di una classe della scuola primaria di Cornegliano Laudense (Lodi) sono stati tenuti a casa per un giorno da molti genitori per protesta contro le difficoltà che a loro avviso sarebbero provocate dalla presenza di una bambina disabile in aula. La scuola però non ha fatto un passo indietro e ha ricordato a quei genitori che tra i compiti dell’istituzione c’è anche l’inclusione. Inoltre la scuola «è una comunità e come tale deve occuparsi di tutti». Risposta perfetta, che andrebbe mandata a memoria da altre istituzioni. Ma non solo: dice ciò che dovremmo essere, senza graduatorie tra persone ma cercando la risposta migliore per la vita di tutti.

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