Il no alla tav
questione politica

È inutile soffermarsi più di tanto sull’analisi costi-benefici della Tav confezionata da cinque autorevoli esperti del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (il sesto, però, si è dimesso per non firmare il dossier). Il ministero - non sia detto per inciso - è quello guidato dal ministro Cinque Stelle Toninelli, quello che «chi se ne frega di andare a Lione». La Tav, diciamolo francamente, è una questione politica, non economica. È infatti uno dei pomi della discordia tra Lega e Cinque Stelle, le due forze di maggioranza del governo di Giuseppe Conte.

La Lega la vuole, i Cinque Stelle non l’hanno mai voluta e della questione ne hanno fatto una bandiera. Il popolo grillino non perdonerebbe una retromarcia, dopo aver digerito il Tap (Trans adriatic pipeline), il gasdotto che buca una delle aree marine naturali più belle del Salento e arriva a San Foca attraversando colline in fiore e uliveti.

E anche considerando la cosa dal solo punto di vista socio-economico, sarà poi vero che i costi della Tav superano di sette, addirittura otto miliardi di euro i benefici? Il documento non è stato accolto dai Sì Tav come un rapporto «super partes». Il commissario straordinario Foietta ad esempio dice che dalla «farsa» si è passati alla «truffa» e che l’analisi è stata realizzata «per far quadrare i conti in base a quel che vuole il padrone». Quanto alle imprese torinesi (anch’esse interessate alla prosecuzione dei lavori), parlano di «numeri risultati da un lancio di dadi». No Tav iacta est.

Sorgono poi altri dubbi. Come mai i francesi, che stanno costruendo l’altra metà della linea, la trovano favorevolissima e convenientissima e non vedono l’ora di finirla? Che Oltralpe siano tutti dei cretini? Inoltre, come sottolinea il presidente di Confindustria Boccia, al di là dei numeri, la Tav è una grande occasione per dare lavoro a 50 mila persone. E Dio sa quanto ce ne sia bisogno di lavoro in Italia. Con tutto il rispetto per il Reddito di cittadinanza.

A proposito di costi-benefici, va detto che un’analisi molto approfondita era già stata fatta. Si tratta del dossier pubblicato nel dicembre 2011 sul Quaderno n. 8 dell’Osservatorio sul collegamento ferroviario Torino – Lione istituito dalla presidenza del Consiglio nel 2006. La ricerca vide coinvolte tutte le parti in causa: Lyon Turin Ferroviaire, Rete ferroviaria italiana, i rappresentanti degli enti territoriali, l’Agenzia per la mobilità metropolitana, il commissariato di governo e l’Osservatorio tecnico. Non si trattava solo del ministero pentastellato delle Infrastrutture. Ebbene, i risultati del dossier, consultabile in Rete, evidenziarono fra gli 11,9 e i 14,2 miliardi di euro di benefici netti aggiuntivi in cinquant’anni, dal 2023 al 2072, in un’ipotesi «prudenziale». In caso di ripartenza più sostenuta dell’economia, il rapporto metteva nero su bianco benefici fra i 24,8 e i 27 miliardi. In pratica un’intera manovra economica. Ma non ci sono solo i benefici strettamente economici. Nel documento si evidenziava come con la Tav, sia sul fronte merci che passeggeri, «aumenterà di molto la competitività». Infatti, recitava il rapporto, «se ad oggi 38 milioni di tonnellate attraversano il Frejus su gomma e solo 4,5 transitano in treno, nel 2035 – evidenziava il documento – grazie al collegamento veloce combinato con la ferrovia storica e il servizio di autostrada ferroviaria alpina, le tonnellate trasportate in treno saliranno a 39,9 milioni, contro i 32,4 milioni trasportati su gomma». Più treni, meno Tir e autostrade meno congestionate dai «bisonti della strada», ma un aumento globale del traffico. Il rapporto bocciò anche l’ipotesi secondo cui sarebbe più utile migliorare la linea già esistente, che come è noto è lenta e obsoleta.

Gli analisti concordavano che con la Tav anche i passeggeri sarebbero cresciuti fino a 1,8 milioni di persone. Sulla nuova Torino-Lione infatti è previsto il passaggio anche di treni passeggeri. Chi sostiene il contrario mente o è disinformato. Con la Tav (se mai la finiranno) si arriverà da Torino a Parigi in appena 3 ore e 20 minuti, contro le quasi sette attuali. Altro che «chi se ne frega di andare a Lione».

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