Il Recovery per cogliere
opportunità dalla crisi

I dati sul numero di iscrizioni al registro delle imprese nel 2020 offerti dalla Camera di Commercio di Bergamo – con 477 aziende in meno - non sono certo brillanti e dicono tutta la fatica e le difficoltà di questi mesi. Ma non sono nemmeno catastrofici. Dietro le cifre si possono cogliere due tendenze che interagiscono tra di loro. La prima, strutturale e a lungo termine, che dura da anni, da almeno un decennio, e corrisponde alla crisi mondiale innescata nel 2008, quella crisi che ha prima infiammato i mercati e poi compromesso le aziende e il commercio, che ci trasciniamo come una febbre cronica. La seconda invece risente della pandemia e ovviamente riguarda i settori più colpiti dalle chiusure forzate: la ristorazione, le attività di intrattenimento, i bar, le pasticcerie, le palestre, le piscine, moltissimi negozi, le agenzie di noleggio e di viaggi.
Ci sono anche notizie positive, la tenuta delle costruzioni e della manifattura, il core business di questa regione, e la sostanziale tenuta degli altri comparti. Ci sono anche buone notizie del settore dei servizi, in particolare del supporto alle imprese, nella logistica, nelle attività finanziarie e assicurative, nella sanità e nell’assistenza sociale.

La verità è che l’economia di questa provincia (non diversamente dall’area lombarda e da quella nazionale ed europea, visto che viviamo da almeno un ventennio un tipo di economia «glocal») è alla vigilia di una gigantesca rivoluzione. Il momento è cruciale e segnerà una svolta. In tempi brevi l’Italia riceverà dall’Europa risorse per 222,9 miliardi di euro per ripartire, una cifra enorme, pari a dieci manovre di bilancio. In pratica è come se venissero finanziati i prossimi dieci anni in un colpo solo. Per non parlare degli altri interventi della Banca centrale europea, tra cui la continuazione del bazooka di Draghi, capace di rendere il costo del denaro a livelli convenienti per investire o finanziare le famiglie tramite mutui e prestiti aumentando così la domanda. Leggendo le 170 pagine della bozza del Recovery Fund (che è la principale branca del Next generation Plan europeo) che verrà inviata a Bruxelles, si legge una vera e propria rivoluzione. Dei fondi stanziati, sono confermati i 19,72 miliardi per la sanità, i 46,18 per la digitalizzazione e i 68,90 per la rivoluzione verde che erano stati annunciati. Un Recovery che più riformista non si può, visto che è prevista una nuova legislazione e ristrutturazione della concorrenza, della giustizia, del mercato del lavoro e del fisco, in particolare dell’Irpef con la riduzione dei redditi a partire dalle classi meno abbienti. Andando nel dettaglio della bozza le missioni del piano rappresentano aree tematiche strutturali di intervento: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; last but not least, salute e riforma sanitaria.

Non è dunque il caso di piangersi addosso ma di sfruttare appieno le opportunità che si dispiegano davanti ai vecchi e nuovi imprenditori per riconvertire o avviare le proprie attività, dando un nuovo volto al Paese, forti di quella «distruzione creativa» che – come scrive Schumpeter – è caratteristica di ogni crisi. Certo la politica ha la sua importanza – anche perché a marzo scadono i termini per il congelamento dei licenziamenti: nessuno sa cosa succederà e quali ammortizzatori verranno utilizzati. La crisi di governo che stiamo vivendo in questi giorni non aiuta. Ma gli «animal spirits» dell’economia sapranno cogliere questa crisi come una gigantesca opportunità. Quello che il bruco chiama la fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla.

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