Il ruolo degli stati
nella crisi mondiale

«Tutti i Paesi industrializzati hanno la necessità di aggiornare i modelli sociali tradizionali per rispondere ai nuovi rischi e ai nuovi bisogni di individui e comunità. Nessuno può sperare che i problemi si risolvano da soli, né inseguire soluzioni ormai impraticabili di chiusura e protezione». Così scriveva, nel 2005, Romano Prodi. Nelle condizioni attuali, nel pieno di una crisi sanitaria planetaria, che tende a generare il crollo delle economie, le sue parole assumono, a quindici anni di distanza, le sembianze di una lucida premonizione e di un accorato monito sui rischi derivanti da un modello di sviluppo sempre più scollato dai bisogni delle comunità.

L’impraticabilità di sistemi di chiusura e protezione delinea nuove sfide e impone nuove risposte. Alla lunga sono emersi i tremendi danni delle ricette neoliberiste, spacciate come la bacchetta magica di uno sviluppo economico basato sull’espansione della leva finanziaria. Quanto esse fossero fallaci lo aveva già dimostrato la crisi del 2008.

La tesi della «mano invisibile del mercato» quale automatico strumento di benessere è miseramente crollata davanti ai fatti. Il fenomeno delle concentrazioni monopolistiche galoppa senza freni da almeno due decenni. Google e Amazon sono soltanto due esempi di come gli squilibri sociali diventerebbero irreparabili se non si trova il modo di regolare adeguatamente il mercato.

La globalizzazione ha distribuito piccoli vantaggi al consumo individuale, al salatissimo prezzo di nuove povertà e nuove schiavitù nelle forme e nella durezza del lavoro. I consumi scriteriati hanno, a loro volta, ingigantito i problemi di tutela ambientale. Lo slogan, tanto in voga negli anni ’80, «meno Stato più mercato» ha prodotto danni incalcolabili. Nel nostro Paese non si è tenuto conto che il necessario ridimensionamento dello Stato «gestore» avrebbe dovuto essere accompagnato da un potente rafforzamento dello Stato «regolatore». Vicende come quelle dell’Anas – culminata nel disastro del ponte Morandi – inchiodano gli assertori della bontà indiscussa del mercato a responsabilità storiche, oltre che a quelle giuridiche. È necessario che ai poteri pubblici venga dato lo spazio per regolare, indirizzare, controllare. E centralizzare le decisioni nei casi di emergenze.

Il cambio di rotta è ineludibile: il mercato, lasciato a se stesso, porta a sbattere contro il muro. Della crisi, delle diseguaglianze sociali, del disastro ecologico. Tra i terreni da presidiare spiccano la tutela ambientale, la salute, la sicurezza (intesa non soltanto come ordine pubblico, ma anche come tutela della sicurezza sul lavoro e nei luoghi abitati). Settori la cui crucialità implica una modifica delle priorità nella produzione industriale e agricola, nonché nella commercializzazione. Una massiccia azione di riconversione che non può avere sbocchi se immaginata come risultato delle scelte «in un solo Paese», ma deve coinvolgere gli Stati avanzati, quelli in forte sviluppo e quelli arretrati. Un New Deal globale, guidato dai Paesi in grado di fornire supporto a quelli meno prosperi. Spetta ai governi trovare le soluzioni giuste, tracciando il percorso. Le istituzioni internazionali di indirizzo e decisione non mancano, tanto a livello mondiale quanto (per ciò che ci tocca da vicino) a livello di Unione europea.

Devono però uscire dal bozzolo di funzioni puramente decorative, oppure di strutture nelle quali prevalgono interessi di singoli Stati. Onu, Banca mondiale – per citarne soltanto due – devono accollarsi il compito di operare per uno sviluppo sostenibile del pianeta che spezzi gli egoismi, qualunque ne sia la natura. L’intervento del nostro presidente Mattarella è stato deciso e inequivocabile nel chiedere che i capi di governo dell’Unione europea trovino un accordo sul da farsi «prima che sia troppo tardi». I destinatari del messaggio sono quei governi che, voltando le spalle ai Paesi oggi in difficoltà, mostrano miopia ed egoismo. Senza rendersi conto che così fanno colare a picco l’idea stessa di Europa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA