Il «salvo intese»
che blocca l’Italia

Ancora uno stop, ancora un rinvio. Il Consiglio dei ministri di ieri sera nonostante la lunga seduta non è riuscito a trovare un accordo sul risarcimento dei risparmiatori coinvolti nel fallimento delle banche. I fondi relativi furono stanziati in gennaio con la legge di Bilancio ma ancora non si è riusciti a decidere come saranno distribuiti, visto che in materia il ministro dell’Economia Tria e i partiti, soprattutto il M5S, la pensano in maniera molto diversa. I grillini esultano perché dicono che «in Consiglio ha vinto la linea Di Maio».

In effetti il vicepremier ha impedito al ministro dell’Economia Tria di inserire le norme sui risarcimenti nel decreto sulla Crescita come avrebbe voluto per renderle compatibili con i vincoli della Ue e con il controllo della Corte dei Conti. Ma è anche vero che da palazzo Chigi non sono nemmeno usciti quei decreti attuativi – immediati, insomma – che Di Maio (con Salvini) reclama da settimane dal Mef e che Tria rifiuta di firmare per le ragioni esposte più sopra. Quindi si è verificato ancora uno stallo. E il presidente del Consiglio Conte ha dovuto prenderne atto convocando per la settimana prossima un altro Consiglio dei ministri che sarà preceduto da un confronto con le associazioni dei risparmiatori.

Due considerazioni. La prima riguarda il ministro dell’Economia che riesce ancora a tenere duro sulla sua linea nonostante le pressioni ricevute in questi ultimi giorni: pressioni unite a pesanti intromissioni sulle sue scelte familiari e di staff. Evidentemente regge ancora la copertura del Quirinale che consente a Tria di rimanere sulla sua poltrona, e del resto le sue dimissioni, che tanto piacerebbero a Di Maio, provocherebbero un tale scossone sui mercati da far paura a tutti. Ma è chiaro che il braccio di ferro che va avanti dai primi giorni di vita del governo, è un fattore di debolezza che si aggrava di giorno in giorno. Ieri sera Di Maio ripeteva che «Tria non è in discussione» salvo poi aggiungere che «la pazienza è finita».

La seconda è che il risarcimento ai risparmiatori è un punto ineliminabile delle promesse elettorali sia del M5S che della Lega. Ma sono stati soprattutto i primi nella scorsa legislatura a fare del fallimento delle banche un potente ariete elettorale, scagliato contro Renzi, la Boschi e il Pd. Dunque a quella promessa non si può venir meno, come ha imparato a sua spese proprio Di Maio quando fu contestato dall’assemblea dei risparmiatori danneggiati. L’ennesimo rinvio certamente non giova alle fortune elettorali del M5S e del governo nel suo insieme.

C’è da aggiungere che anche il decreto sulla Crescita economica ieri sera è stato approvato «salvo intese». Cosa vuol dire: vuol dire che nel testo ci sono ancora tanti punti da definire, tanti numeri da inserire, tante norme ancora in bilico. Si ripete così la vicenda del decreto Sblocca-cantieri che appunto è stato approvato «salvo intese» a causa delle divergenze tra grillini e leghisti, e sta ancora aspettando di essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale: Conte ha promesso che vedrà la luce in settimana.

Questo modo di procedere stentato, tra accordi che non si trovano, mezzi compromessi e intese provvisorie è certamente figlio sia delle difficoltà obiettive sia del clima elettorale ormai imperante. Il problema è che contrasta ogni giorno di più con le emergenze della nostra economia, l’unica ferma di tutta l’Unione europea. Il decreto Crescita e quello Sblocca-cantieri dovevano essere resi operativi a spron battuto se si voleva che avessero rapidamente effetto sul Pil, e invece sono ancora lì, approvati «salvo intese».

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