Il taglio del nastro
Le norme e il costume

Nel dissidio emerso in questi giorni nel comune di Sotto il Monte Giovanni XXIII sono presenti in filigrana i tre poteri fondamentali degli Stati di diritto (legislativo, esecutivo e giudiziario) descritti da Montesquieu e tuttora pilastri di ogni ordinamento democratico, nonché l’amministrazione pubblica con il suo potere «discrezionale». Infatti, un aspirante sindaco - possibile o prossimo titolare del potere esecutivo, sorretto da una maggioranza consiliare in virtù del voto popolare – dichiara di volersi rivolgere alla magistratura se dovesse verificarsi un avvenimento che giudica lesivo dei suoi diritti.

La vicenda riassunta nella lettera-esposto del candidato sindaco Denni Chiappa potrebbe essere rubricata come una semplice disputa tra duellanti che aspirano a guidare l’amministrazione comunale, ma non è così. I fatti sono noti. Il candidato di una delle liste in lizza lamenta la prevista presenza dell’attuale sindaco alla cerimonia di inaugurazione - che dovrebbe tenersi domani - di un edificio della scuola primaria comunale «Enrico Fermi». Tale partecipazione (con tanto di taglio del nastro) contrasterebbe, a giudizio del candidato Chiappa, con le norme della legge del 1993 sull’elezione del sindaco e della legge del 2000 che stabilisce le regole della comunicazione politica nelle campagne elettorali.

Sotto il profilo giuridico la questione presenta – come troppo spesso accade in Italia – delle sfaccettature multiple che possono condurre a conclusioni divergenti. Formalmente entrambe le norme citate dal candidato Chiappa non vietano al dirigente scolastico di invitare il sindaco in carica, poiché non è l’amministrazione comunale a svolgere attività di comunicazione (legge 28 del 2000) o di propaganda (legge 81 del 1993). Il preside può aver invitato di sua iniziativa il capo dell’amministrazione comunale, il quale ha accettato. Quindi, non si ravvisano violazioni di legge. In tal senso sembra orientato il parere reso da uno studio legale. Ciò nonostante, non mancano argomenti di segno opposto, anch’essi meritevoli di attenzione e di valutazione. A tutti i livelli i rappresentanti delle istituzioni, sono chiamati continuamente a rappresentarle, prendendo parte a manifestazioni pubbliche. Ciò può accadere - e infatti succede spesso – anche in periodi elettorali. Che un sindaco partecipi all’inaugurazione di una scuola non è condannabile in sé. Nel contempo occorre chiedersi se la decisione di presenziare sia opportuna nella situazione specifica.

Ciò che dovrebbe guidare le scelte, tanto dei politici quanto dei dirigenti delle amministrazioni pubbliche, è il senso del «bene comune» (inteso come «bene di tutti»). Si tratta di un problema di etica civile e di correttezza politica. Nelle competizioni elettorali non sono mai mancati i toni accessi e lo scambio di critiche roventi agli avversari, ma nello scontro politico occorrerebbe evitare di approfittare di vantaggi posizionali. Nelle corse dei cavalli - per ovviare a tale rischio - è previsto l’handicap per quelli ritenuti più veloci. In politica non si danno pesi, perché l’unico peso che conta sono i voti dei cittadini.

Quale dovrebbe essere la soluzione più auspicabile? Il dirigente scolastico potrebbe rinviare l’inaugurazione, facendola slittare a dopo le elezioni in coincidenza con la chiusura scolastica. Ciò eviterebbe spiacevoli strumentalizzazioni, sia del suo operato, sia dell’intervento del sindaco/candidato. In comunità relativamente piccole, come il comune di Sotto il Monte, il rispetto di regole di bon ton istituzionale dovrebbe sempre prevalere su altre considerazioni.

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