La dittatura paranoica
che vieta gli aquiloni

La paranoia è una caratteristica delle dittature. Si manifesta nel vedere nemici e complotti a proprio danno ovunque. Ossessioni alle quali non sfugge l’Egitto, che ai tempi delle primavere arabe si era liberato del despota Hosni Mubarak (presidente per 30 anni) per poi finire nelle fauci del generale Abdel Fattah al-Sisi. Le autorità cairote nei giorni scorsi hanno adottato un provvedimento che sarebbe ridicolo se non fosse repressivo della libertà dei bambini: hanno deciso di vietare l’uso degli aquiloni, il gioco più popolare fra i ragazzini delle affollate cinture metropolitane, grandi concentrazioni di condomini-formicaio, casupole e bancarelle, prive di aree verdi e parchi giochi. Gli aquiloni sono uno dei pochi svaghi, accessibili perché a basso costo: bastano un po’ di legno, cartone, nylon e colla per assemblarli. E per farli volare può essere sufficiente una finestra, un tetto piatto o un balcone.

Al termine del lockdown a inizio luglio folle di bambini al Cairo hanno fatto volteggiare le loro farfalle di carta sulle rive del Nilo. Ma nelle settimane successive la polizia ha iniziato a sequestrare centinaia di aquiloni fatti in casa e a fermare i loro increduli proprietari ad Alessandria, Suez, Helwan, Menofia e nella capitale. Alcuni ragazzini sono stati rilasciati dopo qualche ore, altri hanno trascorso la notte in cella. La motivazione del provvedimento sarebbe la necessità di tutelare la sicurezza dei minori, dopo che alcuni nei mesi scorsi si erano feriti cadendo. L’opposizione però sostiene che dietro la misura ci sia un nuovo intento di incrementare il controllo sociale, già a livelli liberticidi. A giugno il deputato Khaled Abu Talib, esponente della commissione Difesa del Parlamento, aveva lanciato l’allarme aquiloni, chiedendone il bando totale: avrebbero messo in pericolo non la sicurezza individuale bensì quella nazionale perché qualcuno può decidere di applicarvi piccole telecamere per spiare le postazioni militari (ecco la paranoia). A rincarare la dose ha contribuito il governatore di Alessandria, Mohamed al-Sharif, che ha vietato gli aquiloni sulle spiagge. Chi infrange il divieto rischia una multa tra i 16 e i 54 euro: un duro colpo, tenuto conto che la media degli egiziani ne guadagna 400 al mese.

In settimana il nostro ministro della Difesa Lorenzo Guerini è stato sentito dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore torturato e ucciso al Cairo 4 anni e mezzo fa, ancora senza colpevoli. Né si hanno novità sulla detenzione di Patrick George Zaki, egiziano studente all’Università di Bologna, detenuto da 6 mesi nella capitale per qualche post critico verso la dittatura su un account Facebook nemmeno suo. L’impressione è che il governo italiano consideri quest’ultimo dossier una seccatura. Intanto la Difesa ha dato il via libera alla vendita all’Egitto (del quale siamo già i primi fornitori d’armi) di due fregate militari nell’ambito di una commessa di 9 miliardi di euro. Il ministro Guerini ha detto che «lo sviluppo di relazioni è necessario», il Paese delle Piramidi è «un attore imprescindibile» e fattore di stabilità a partire dallo scenario libico. Ma di recente il Parlamento del Cairo ha deciso di inviare truppe in Libia con lo scopo di contrastare il ruolo vincente della Turchia (schierata col presidente legittimo Fayez al-Sarraj), in contesa con la Russia (che appoggia invece il generale Khalifa Haftar). Tanto per esacerbare il caos nel Mediterraneo. Come ha detto un altro autorevole esponente del Pd, l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, «siamo nella fase della minaccia controllata, ma la storia è fatta di minacce controllate sfuggite di mano». Se è questa la stabilizzazione…

© RIPRODUZIONE RISERVATA