La donazione di Bergoglio
La presenza della Chiesa

Papa Francesco entra nelle case delle famiglie di tutto il mondo con un video messaggio che ha registrato in sei lingue. Ricorda gli ammalati, i morti e i più fragili. Entra in punta di piedi, poche parole, le stesse di Roncalli: «Fate un gesto di tenerezza verso chi soffre…dite loro che il Papa è vicino e prega perché il Signore ci liberi tutti presto dal male». È l’ultimo dono di Francesco. Arriva nella sera come la carezza di Papa Giovanni. Il primo risale a due mesi fa. Il Papa il 3 febbraio aveva disposto l’invio di 700 mila mascherine mediche in Cina per aiutare a prevenire a diffusione del contagio. Le aveva mandate alla Caritas cinese, che si chiama Jinde Charities e ha il suo ufficio operativo proprio nella provincia dell’Hubei.

Da quel giorno attraverso il suo elemosiniere, il cardinale Konrad Krajewski, il Papa non ha smesso un attimo di inviare denaro e materiali a molti ospedali in tutto il mondo. E ora esattamente due mesi dopo il primo regalo alla Cina, ha fatto arrivare 60 mila euro al vescovo di Bergamo Francesco Beschi in dono all’ospedale della città che porta il nome del suo predecessore. Dopo la telefonata di Bergoglio a Beschi, si tratta di un nuovo segno di vicinanza alla comunità bergamasca e, per il suo altissimo valore simbolico, a tutte le diocesi colpite con particolare violenza dal virus.

Roncalli è stato il Papa della pace mondiale e del Concilio, il Papa che da seminarista nel 1901 scriveva ai genitori «non mi faccio prete per complimento, né per fare quattrini…ma solo per fare del bene in qualche modo alla povera gente». Lo stile sacerdotale di Roncalli è divenuto negli anni icona di prossimità e per questo motivo che anche l’ospedale provvisorio degli alpini è stato posto sotto la sua protezione. L’attenzione di Bergoglio è dunque emblema e stimolo per una carità allargata e cifra concreta per affrontare la paura. Lo ha spiegato molto bene il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, ieri in un intervista all’Osservatore Romano: «La Chiesa veglia con ciascuno, è vicina a chiunque soffra e sia nel bisogno».

La frontiera della vicinanza e della solidarietà della Santa Sede da due mesi si sposta sempre un po’ più in là e non dimentica nessuno. Tra le mascherine alla Cina e il denaro all’ospedale di Bergamo ci sono migliaia di donazioni alle Chiese locali nel mondo destinate a popolazioni dimenticate nello scacchiere della geopolitica internazionale, come l’Iran, dove l’epidemia è andata subito fuori controllo. Così gli aiuti sono un messaggio, come lo è stata ieri pomeriggio la visita del cardinale Turkson al reparto dedicato al Covid-19 del Policlinico Gemelli a Roma: abbraccio a chi lotta e cura. Le loro mani, ha osservato con perfetta analisi ancora il card. Parolin, «oggi sono le mani e le parole di tutti noi, della Chiesa e della famiglia che benedice, saluta, perdona e consola». Il valore simbolico di testimonianza è caratteristica di tutte le iniziative di solidarietà.

I sei milioni di euro stanziati dalla Cei per progetti da realizzare con urgenza in Africa per rimettere in sesto qualche pezzo del sistema sanitario in modo che sia più facile affrontare la diffusione del virus, seguono la logica del dopo e della consapevolezza che le diseguaglianze, oltre che le inefficienze, facilitano i drammi. È questa la linea dell’impegno delle Chiese, tra denaro stanziato per ospedali, aiuti per personale sanitario, come le camere di seminari e altre strutture religiose messe a disposizione per risposarsi e di cui la diocesi di Bergamo è stata pioniera, contributi al Banco alimentare, aiuti a domicilio agli anziani e ai più fragili, mobilitazione maggiore di volontari giovani per proteggere oggi quelli più anziani. Il significato generale lo ha indicato il presidente della Caritas austriaca mons. Michael Landau: «Impedire che la crisi sanitaria odierna diventi la crisi sociale di domani».

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