Guerra al non profit
Un danno per tutti

«Abbiamo abolito la povertà» commentò a fine settembre scorso il vice premier 5 Stelle Luigi Di Maio, dopo l’inserimento del reddito di cittadinanza nella Manovra. L’affermazione suonò quantomeno esagerata, presuntuosa e ottimista perché il reddito non va alla radice del problema, non ne individua le cause ed è solo una risposta parziale a chi vive in condizioni di indigenza. Nel vangelo di Matteo Gesù dice che «i poveri li avrete sempre con voi» proprio per evitare la presunzione di una possibile soluzione definitiva, denunciando allo stesso tempo il permanere dell’ingiustizia e dell’indifferenza.

Questo governo intanto colpisce chi si occupa di dare un sostegno ai poveri, con provvedimenti legislativi: il raddoppio dell’Ires, l’imposta sul reddito delle società, scongiurata in seguito all’intervento delle associazioni; l’equiparazione nello «Spazzacorrotti» a partiti politici degli enti non profit, escludendo per 10 anni dall’attività associativa chiunque avesse ricoperto un incarico politico elettivo, gravando le associazioni di obblighi aggiuntivi di trasparenza, onerosi e dispendiosi, norma corretta successivamente nel decreto crescita.

Poi ci sono le parole, che possono fare più male delle azioni («Le parole fanno un effetto in bocca e un altro negli orecchi» diceva Alessandro Manzoni). Giovedì scorso l’altro vice premier, nonché ministro dell’Interno Matteo Salvini ha commentato con queste parole su Facebook la notizia che la Caritas di Treviso non parteciperà ai nuovi bandi per l’accoglienza di migranti: «La mangiatoia è finita, chi speculava con margini altissimi per fare “integrazione”, spesso con risultati scarsissimi, dovrà cambiare mestiere». Giudizi gravi perché espressi da un ministro e basati su una percezione pregiudizievole delle attività di accoglienza, senza carte per supportare l’accusa. Se Salvini ha prove documentate di ciò che afferma, vada in Procura. Sui risultati verifichi, tra un comizio e l’altro.

I bandi per l’accoglienza hanno introdotto i tagli annunciati della quota di 35 euro al giorno a persona a 20 euro. Quest’ultima cifra garantisce solo vitto e alloggio e non più corsi di italiano, supporto psicologico per chi ha subito traumi (come le donne violentate) e corsi di formazione professionale. Un danno all’integrazione quindi, l’esatto contrario di ciò a cui dovrebbero puntare i bandi. Alcune Caritas, come quella ambrosiana ma anche quella bergamasca, provvederanno a rimediare al danno con fondi propri (alla faccia della mangiatoia). Altri enti, tra i quali cooperative e delegazioni locali della Croce Rossa, hanno rinunciato.

Finora sono stati 25 mila i migranti accolti da parrocchie, associazioni e movimenti, 188 le diocesi coinvolte, sopperendo all’assenza dello Stato. Il decreto sicurezza smantella un modello che aveva funzionato, quello dell’accoglienza diffusa. Abolendo il permesso di soggiorno per motivi umanitari, genererà poi nuovi clandestini (sarà per questo che il ministro dell’Interno, mettendo le mani avanti, ha rivisto clamorosamente al ribasso il numero di irregolari in Italia, da 5-600 mila a 90 mila?).

Ma anche dal mondo della cooperazione sociale arrivano reazioni preoccupate. Salvini ha preso di mira anche le 3 mila Case famiglia, che accolgono minori in difficoltà («ci sono soggetti che tengono in ostaggio migliaia di bambini»: anche questa, se vera, è una notizia di reato che andrebbe comunicata a una Procura). La Lega chiede una commissione parlamentare d’inchiesta sull’attività dei centri. C’è poi il capitolo giustizia e carceri. Qui pesa il giustizialismo dei 5 Stelle: non si vede alcun rilancio delle misure alternative alla sola detenzione , che hanno effetti molto più positivi sul recupero del detenuto rispetto ad anni trascorsi chiusi in cella. In generale c’è uno sguardo sospettoso da parte dei partiti di maggioranza sugli enti non profit che usano il denaro frutto di convenzioni con lo Stato. È un sospetto generalizzato e pericoloso, che si annida anche nel sentire pubblico, tanto ingiustificato per chi agisce non solo per assistere i poveri ma anche per generare comunità, per curare paure e chiusure. La guerra alla solidarietà (chiamata buonismo) è un danno per tutti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA