La sfiducia nel Btp Italia
un segnale da ascoltare

Se avere fiducia è la premessa necessaria e indispensabile per investire, il risultato dei primi due giorni di collocamento del quattordicesimo Btp Italia è ben più di un campanello d’allarme. Pensate proprio per dare un paracadute ai risparmiatori, queste emissioni vedono ora in fuga i loro primi destinatari e il problema ha almeno tre sfumature, tendenti tutte al grigio-nero. La prima riguarda, appunto, la fiducia di noi italiani verso il nostro Paese.

Sono bastati pochi mesi di altalena sulle montagne russe dello spread per toccare con mano cosa significa tirare la corda sul bilancio dello Stato: promesse e buone intenzioni devono fare i conti con il debito pubblico al 132% del Pil, secondo in Europa solo alla Grecia, pena veder schizzare il rischio Paese e quindi il rendimento dei Btp, che per pareggiare i conti si deprezzano. Di conseguenza, chi negli ultimi due mesi si è scottato vedendo scendere le quotazioni dei titoli di Stato che aveva messo in cascina, difficilmente metterà mano al portafoglio per comprarne altri e assistere al braccio di ferro quotidiano con Bruxelles certo non aiuta a ripristinare un minimo di stabilità. La sfiducia dei risparmiatori che in questi giorni non comprano il Btp Italia con l’1,45% di cedola minima è la stessa di chi si informa per sapere come si fa ad aprire legalmente un conto corrente all’estero. Ha ragione chi dice che sono scelte irresponsabili, perché fatte contro il nostro Paese. Ma è anche vero che quando la barca va alla deriva, il «si salvi chi può» rischia di avere molta più presa sugli animi umani del «tutti per uno» e solo un recupero di credibilità può invertire la rotta.

Il secondo aspetto non meno problematico riguarda più direttamente le casse pubbliche. Pare che il Tesoro si aspettasse di raccogliere tra i 7 e i 9 miliardi da questo Btp Italia, serie di emissioni che ha toccato un minimo di 1,7 miliardi a giugno 2012 ma anche vette di 22,2 miliardi a novembre 2013. Visti gli scarsi risultati raccolti fra lunedì e ieri, sarà molto difficile centrare l’obiettivo attuale. La seconda giornata di collocamento è andata ancora peggio della prima: 241,3 milioni di euro che si aggiungono ai 481 milioni di lunedì, per un totale di 722,3 milioni, sì e no un decimo del traguardo finale a due giorni dalla chiusura, oggi ancora per i risparmiatori e domani per gli investitori istituzionali.

Sarà interessante vedere come si muoveranno questi ultimi, anche se la tendenza degli ultimi mesi fotografa vendite più che acquisti: si parla di 1,5 miliardi di euro di titoli di Stato ceduti da investitori esteri solo a settembre e di 26,4 miliardi nei primi nove mesi dell’anno. La questione seria, molto seria, è che il Paese continuerà ad avere bisogno di emettere titoli di Stato per finanziare il suo enorme debito pubblico e la domanda è: chi li comprerà, visto che pure la Bce a fine anno chiuderà i rubinetti? Lo snodo è cruciale, anche perché per «ingolosire» gli investitori sarà necessario offrire tassi sempre più alti, che aumenteranno ulteriormente i costi a carico del Paese.

Il terzo punto porta in ultima analisi al centro della tempesta perfetta: la legge di stabilità alza il deficit e promette una crescita che molti osservatori ritengono irrealizzabile, l’Europa oggi probabilmente ci tirerà nuovamente le orecchie, con la possibilità di una procedura d’infrazione dietro l’angolo, lo spread veleggia sopra quota 300 e la Borsa va in rosso trascinata in basso soprattutto dalle banche, prefigurando altri dolori sul fronte finanziario. Forse sarebbe meglio far tornare i conti con una buona dose di laico realismo e sacrificare un po’ di demagogia elettorale per il bene di tutti, in primis dei risparmiatori, che alla fine, con la casacca da elettori, sono i primi azionisti dei «contraenti» al governo.

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