Le sentenze favorevoli
e il governo solista

«I magistrati non sono stati eletti da nessuno». È un passaggio del lungo sfogo con il quale il ministro dell’Interno Matteo Salvini reagì alla notizia di essere indagato dalla Procura di Palermo per sequestro di persona aggravato, relativamente al divieto di sbarco imposto ai 177 migranti della nave Diciotti ancorata nel porto di Catania. L’altro ieri l’annuncio recitato e festoso (anche in questo caso con una lunga diretta su Facebook, seguita da 24 mila utenti) del vice premier della richiesta di archiviazione della Procura di Catania, motivata perché il ritardo nello sbarco è «giustificato dalla scelta politica, non sindacabile dal giudice penale per la separazione dei poteri, di chiedere in sede Europea la distribuzione dei migranti». Ora il Tribunale dei ministri catanese ha a disposizione 90 giorni per decidere se accogliere o rigettare la richiesta di archiviazione.

Per un incrocio di destini, Procure siciliane hanno archiviato tre delle quattro inchieste sulle organizzazioni non governative che salvavano migranti nel Mediterraneo, accusate di legami con i trafficanti libici. Allora Salvini accolse la notizia delle indagini con gaudio, mentre non ha mai commentato le archiviazioni (ovvio). Tantomeno ha accusato i magistrati di non essere eletti dal popolo. La coerenza garantista non la si può pretendere. Però è interessante sottolineare come l’impianto ideologico della Lega si regga su un manicheismo: il popolo, che sta con Salvini, e dall’altra parte poteri forti, tecnocrati e buonisti. La Lega come interprete unico del popolo è una forzatura e una falsità: se i sondaggi danno oggi il partito a uno scintillante e ragguardevole 30-32% (rispetto al 17% dei voti raccolti il 4 marzo scorso), è popolo e sono italiani anche il restante 70%.

Il governo del cambiamento ha l’ambizione di «rivoltare» l’Italia combattendo privilegi, ingiustizie e posizioni di rendita. Un obiettivo grandioso, che, se centrato, genererà inevitabili reazioni conservative. In questi cinque mesi però il governo ha compiuto passi falsi che hanno generato malcontento, in Italia e all’estero. La risposta dell’esecutivo si è rifugiata nel vittimismo e negli alibi, scaricando ad esempio le responsabilità sui governi precedenti (una cattiva abitudine segno d’immaturità politica non solo di questa maggioranza). Il caso più emblematico è la manovra presentata all’Unione europea, che non rispetta i criteri chiesti da Bruxelles. Una forzatura in solitudine, bocciata proprio perché fuori dalle regole. Dalla maggioranza sono partite accuse ai tecnocrati dell’Unione e ai poteri che avrebbero Roma nel mirino (da notare che questo governo gode dell’appoggio e delle simpatie dell’America di Trump e della Russia di Putin...). Ma i commissari europei sono nominati dai singoli governi nazionali, a loro volta espressione del voto popolare. Altri Stati hanno presentato la manovra senza «deviazioni»: Germania, Francia, Portogallo, Spagna e perfino la sovranista Austria. Per correggere quei criteri servirebbe semmai un’alleanza tra Paesi, e non impuntature a testa bassa con ricadute sulle tasche degli italiani. Oltre la metà dei quali, secondo un sondaggio di Demos, non a caso chiede esplicitamente che si tenga conto delle osservazioni dell’Ue.

Il rifugio nel vittimismo nel caso dei 5 Stelle si accompagna poi anche a letture complottiste. Il movimento fondato da Grillo nei sondaggi è in lieve arretramento (due punti, al 27,6%). Sconta la difficoltà a mantenere le promesse pre elettorali su temi centrali, come la contrarietà al gasdotto trans-Adriatico in Puglia e all’Alta velocità in Piemonte, grandi opere ritenute invece necessarie dalle categorie produttive. Se la Lega è un partito che ha alle spalle una lunga storia, dotato di un personale politico navigato, i pentastellati scontano inesperienza e una foga antisistema non compatibile con le procedure della democrazia in vigore. La Lega poi gioca molto su un terreno facile, l’immigrazione: con Salvini al Viminale gli sbarchi sono crollati dell’80,2%, con Minniti del 77,7; ma i rimpatri d’irregolari sono stati 1.296 a giugno, luglio e agosto 2018; furono 1.506 negli stessi mesi del 2017; inoltre il decreto sicurezza, che abolisce la protezione umanitaria, da qui al 2020 è destinato a creare 60 mila irregolari in più. Se accadrà, non sarà colpa degli altri, dei tecnocrati o dell’establishment.

© RIPRODUZIONE RISERVATA