Legittima difesa
Se si armano i cittadini

Il nuovo disegno di legge sulla legittima difesa ha ricompattato alla Camera il vecchio centrodestra (Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia) che ha votato a favore del testo, mentre 25 deputati dei 5 Stelle si sono astenuti segnando un altro strappo dentro il movimento. C’è quindi un nuovo dato politico di cui tenere conto nell’impervio cammino del governo gialloverde. Ma tant’è. Le novità più rilevanti riguardano il testo, che non abolisce il reato di eccesso colposo di legittima difesa ma allarga i casi in cui l’uso delle armi da parte di una persona derubata è consentito.

Il disegno di legge (che ora va al Senato per la terza lettura) stabilisce che la difesa è sempre legittima, facendo decadere il concetto di proporzionalità tra offesa e difesa, contemplato invece dalla legge attualmente in vigore. L’articolo 2 della nuova norma esclude anche la punibilità per chi agisce «in stato di grave turbamento derivante da una situazione di pericolo». Qui sorge un primo problema: la misurazione dello stato di grave turbamento, che è una situazione psicologica, a chi compete? E a distanza di tempo, quello necessario all’arrivo delle forze dell’ordine, quello stato persiste ancora, è ancora misurabile? Vengono poi inasprite le pene per furto e violazione di domicilio. Inoltre per ottenere la condizionale il ladro condannato dovrà prima risarcire la vittima.

Nel caso in cui scattasse l’accusa di eccesso colposo di legittima difesa, sarà comunque lo Stato a garantire l’assistenza legale gratuita al derubato che ha sparato. Il disegno di legge prevede poi che non sia consentito inseguire un ladro e sparargli o colpirlo quando è già immobilizzato. Fino a qui le novità fortemente volute in particolare dalla Lega.

Converrà però dare un’occhiata ai numeri del fenomeno. I casi di legittima difesa che giacciono presso i tribunali sono pochissimi (fonte ministero della Giustizia). Nel 2013 in tutta Italia furono cinque i procedimenti iscritti a dibattimento secondo l’articolo 52 del codice penale («Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa»). Nel 2014 zero, tre nel 2015 e due nel 2016. Meno ancora per eccesso colposo: due nel 2013, zero nel 2014, uno nel 2015 e due nel 2016. Nella maggioranza di questi pochi episodi i pm hanno chiesto l’archiviazione e i gip archiviato. Tant’è che fanno notizia i rarissimi casi in cui il derubato viene condannato e finisce in carcere, perché in presenza di una morte violenta, anche di un ladro, c’è il dovere di un’indagine penale, come conviene a uno Stato di diritto.

Conosciamo l’esasperazione oggettiva e comprensibile di quei cittadini e commercianti che hanno subito più forti. Non stentiamo a credere che la nuova norma abbia un ampio consenso, anche da parte di chi non è stato mai derubato. I luoghi privati del vivere hanno assunto in questi anni un grande valore protettivo e la loro violazione genera choc. Ma sostenere che la difesa è sempre legittima e armare il cittadino è un passaggio verso la privatizzazione della giustizia, sa di resa dello Stato (che in una democrazia ha il monopolio dell’uso della forza) con esiti imprevedibili (in una sparatoria a soccombere potrebbe essere il derubato, meno abile nel maneggiare le armi).

Quella in vigore era una legge equilibrata ma alla Lega serviva sul tema una norma bandiera, dura. Non a caso il ministro dell’Interno Matteo Salvini nei giorni scorsi è andato a trovare in carcere a Piacenza Angelo Peveri, condannato a 4 anni e otto mesi per tentato omicidio: «Per me - ha detto il titolare del Viminale - nemmeno doveva finire in galera, condannato perché dopo decine di furti si è difeso e ha ferito involontariamente uno dei ladri che ha avuto 10 mesi ed è a spasso: è urgente la legge sulla legittima difesa». La realtà è diversa. Il 6 ottobre 2011 in un cantiere sul fiume Tidone dove la ditta di Peveri lavorava, entrano in azione tre ladri: con un tubo rubano gasolio da un escavatore L’imprenditore viene avvisato, si precipita sul posto e dal ponte correttamente spara in aria due volte; poi però scende sul greto, dove un suo dipendente sta malmenando uno dei ladri, non armati e in fuga, e insieme lo prendono per il collo sbattendogli più volte la testa contro i sassi a terra; quindi, in piedi sovrastando il ladro supino a terra e con le mani dietro la nuca, a meno di due metri Peveri gli spara al torace con un fucile a pompa, per poi chiamare subito i soccorsi, in un momento di ritrovata lucidità. Neppure gli avvocati dell’imprenditore piacentino si sono mai avventurati a invocare per lui la legittima difesa. E anche con la nuova legge Peveri finirebbe in carcere. Ma il ministro da Piacenza ha lanciato il messaggio: se fosse solo per lui, le nuove norme sarebbero ancora più dure.

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