Ma tra Dem e 5 Stelle
ancora distanze

Sergio Mattarella concede del tempo a democratici e grillini perché verifichino se possono alla fine mettersi d’accordo e formare un nuovo governo. Dà poco tempo, in realtà: dopo il prossimo giro di consultazioni che comincia martedì il Capo dello Stato, se non gli arrivano decisioni chiare per un governo che abbia una maggioranza in Parlamento e si proponga di durare per la legislatura, è pronto a sciogliere le Camere e a nominare un governo tecnico che rimanga in carica da qui alla fine di ottobre e abbia il solo compito di gestire la campagna elettorale in modo tale che non sia Salvini – leader politico e insieme ministro dell’Interno – a sedere su quella delicatissima poltrona in un periodo troppo cruciale.

Dunque Mattarella vede «movimento» tra Pd e M5S e quindi dà corda. Al punto che qua e là si va scrivendo che l’accordo sarebbe addirittura «chiuso», cioè già bell’e fatto. Staremo a vedere. Oggi ci sarà l’incontro tra le due delegazioni e se ne potrà capire di più. Certo i paletti che sono stati piazzati in terra dagli uni e dagli altri non sono facili da superare: serve una determinazione politica molto forte. Per esempio: Di Maio fa del taglio del numero dei parlamentari la sua priorità delle priorità. Zingaretti non ne vuol sentir parlare se non nel quadro di una nuova legge elettorale, riforma del bicameralismo, ecc. E campa cavallo. Poi il Pd chiede che vengano cancellati i due decreti sicurezza di Salvini che Di Maio e i suoi gruppi parlamentari hanno votato addirittura con la fiducia: imbarazzante ammettere di aver fatto due errori così grossi per pura acquiescenza verso l’alleato leghista.

Infine la squadra di governo. Zingaretti dice che non vuol vedere più nessuno dei ministri attuali a cominciare da Conte cui sarebbe ostruita la strada per un suo bis. Anche Di Maio probabilmente dovrebbe uscire, altrimenti come potrebbe, il Pd, vedere la radicale discontinuità che chiede, per esempio, nella politica industriale del ministero dello Sviluppo dimaiano criticato senza sconti per mesi e mesi? Stesso discorso per Toninelli e altri. È una condizione che i grillini sono in grado di accettare? C’è chi dice: il M5S ha talmente paura di andare alle urne e di vedersi dimezzati (o peggio) i voti e i seggi che accetterebbe qualunque richiesta. Chissà. Certo è che più Zingaretti tira la corda più insospettisce Matteo Renzi, il primo a proporre la giravolta pro-grillini e che ora teme che in realtà il segretario del suo partito punti piuttosto ad andare alle elezioni e cambiare radicalmente i gruppi parlamentari, oggi in maggioranza renziani.

Come si vede insomma le difficoltà sono tante. Del resto Pd e Cinque Stelle si combattono aspramente da sempre e hanno punti di vista inconciliabili su moltissime cose a cominciare dalle opere pubbliche. Solo qualche settimana fa Di Maio sprezzantemente chiamava i democratici «il partito di Bibbiano». Ora con quel partito sta cercando di formare un governo. E Salvini? Salvini per il momento è fuori gioco. La sua apertura verso il M5S viene ignorata dai destinatari. Però il capo leghista - che sicuramente deve aver sbagliato tempi e modi visto a cosa ha portato la sua decisione di aprire la crisi – può ancora sperare che la trattativa sinistra-grillini vada male, fallisca e si finisca comunque per andare a votare, che è la prospettiva più favorevole alla Lega che i sondaggi danno comunque intorno al 36%. La campagna elettorale leghista a quel punto sarebbe facilissima e si scaglierebbe contro gli «inciucisti» e i «poltronari» che pur di salvare il cadreghino sono disposti a qualunque compromesso. Ma questo lo vedremo più avanti.

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