Manovra Italia
tempo a favore

«L’Italia è qui a testa alta, non siamo al mercato», fa sapere il premier Giuseppe Conte da Bruxelles durante i lavori dell’estenuante trattativa con gli eurocrati per aggiustare i decimali del rapporto tra deficit e Prodotto interno lordo. Scenderà il governo italiano rispetto al passivo del 2,04 per cento, come chiede la Commissione europea? O terrà il punto? Il problema è che dall’alta parte del tavolo c’è un signore che si chiama Pierre Moscovici, tanto indulgente quando si tratta di valutare i provvedimenti di Emmanuel Macron quanto arcigno, come ha scritto il «Corriere della Sera», nei confronti di un’Italia che ha dimostrato di imporsi un po’ di autodisciplina finanziaria a differenza dai cugini d’Oltralpe, che dei parametri di Maastricht se ne infischiano.

Dopo le proteste dei gilet gialli che hanno imperversato per tutto il Paese, portando al dietro-front dell’Eliseo e al congelamento da parte del governo francese dell’aumento della tassa sul carburante, la Francia potrebbe sforare addirittura il 3,5 per cento ma questo non sembra impensierire più di tanto il commissario europeo francese, anche se il debito pubblico francese permette una maggiore flessibilità nel gestire il deficit. Non dobbiamo poi dimenticare che il braccio di ferro tra Italia ed Europa riguarda una Commissione europea in scadenza e un governo all’inizio del suo mandato (almeno fin quando terrà questa maggioranza) e questo probabilmente costituisce un’arma a favore del nostro Paese. Il tempo gioca dalla parte di Salvini, Di Maio e Conte. Chi vuole, può leggere la guerra dei decimali come uno scontro tra poteri forti e governo «sovranista-populista», come ha spiegato recentemente il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Questo li rende molto determinati nel non cedere sul deficit.

Il presidente del Consiglio, a quanto si apprende, sta coordinando la presentazione alla Commissione di Bruxelles del piano nazionale per la sicurezza del territorio e per la prevenzione dei rischi e del piano per la riduzione dei tempi della giustizia civile e penale. Per il finanziamento dei due piani, si apprende, il premier chiederà la concessione della flessibilità, di modo che i relativi finanziamenti non siano imputati nel computo del deficit. Ma l’Unione sembra egualmente determinata a portare avanti una procedura di infrazione che potrebbe riflettersi nel dibattito parlamentare e alla lunga deteriorare la tenuta della maggioranza, scollandola oltretutto dai corpi intermedi della società, dai sindacati agli imprenditori. Ma per Conte i problemi vengono anche dall’interno della sua maggioranza, non solo dall’Europa.

Il ministro «ombra» dell’Economia, vale a dire sempre Giorgetti, ha sparato a zero contro il reddito di cittadinanza, fiore all’occhiello degli alleati Cinque Stelle, ritenendolo pericoloso perché potrebbe alimentare il lavoro nero. Quanti nel Mezzogiorno, dove i controlli sono più laschi rispetto al Nord Italia (che il reddito di cittadinanza non lo vuole) e la cultura dell’assistenzialismo è spesso radicata, lo useranno come reddito base da integrare con quello che già prendono in nero? Che succederà nei prossimi giorni, in sede di votazione della manovra economica? Conte (che sulla carta è espressione dei Cinque Stelle) farà un passo indietro o andrà avanti con i provvedimenti annunciati? La partita è ancora tutta da giocare.

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