Pericolo negazionisti
Un «morbo» politico

Sergio Mattarella deve aver colto qualcosa di preoccupante nel negazionismo della mascherina, soprattutto nel suo effetto tanto contagioso quanto vacuo e ingannevole, se ha ritenuto necessario intervenire in modo netto per richiamare tutti al senso di responsabilità. Mentre si continua a morire, e ogni tanto occorre sottolinearlo, la cautela sulla pandemia è un «richiamo prezioso e opportuno», perché non possiamo rimuovere le tragedie della fase più buia e chi altrove ha seguito questa alternativa «ha provocato o sta provocando drammatiche conseguenze». Bene, dunque, il ruolo svolto dal giornalismo professionale e di qualità, che si ritrova in fase di rilancio e che si staglia in contrapposizione «alle fabbriche della cattiva informazione, delle fake news». Cautela che è stata la colonna sonora del contrasto al coronavirus e che ha consentito all’Italia, pur in uno sprofondo di dimensioni storiche, di restare in piedi.

Il senso civico del monito del presidente della Repubblica sta nella riaffermazione della libertà positiva, che appartiene al miglior pensiero comunitario: libertà che non può spingersi fino a tramutarsi in diritto di far ammalare il prossimo. Da fattore liberale diventerebbe strumento di arbitrio illiberale. La libertà dei diritti ma anche dei doveri, il segno di un impegno condiviso: un modo civile per rispettare i morti, un atto di fiducia verso un sistema sanitario che ha permesso il ripristino di una quasi normalità. Ma che potrà essere normalità piena soltanto quando ciascuno farà la propria parte sino in fondo. In azione non c’è solo quel senso liberatorio da scampato pericolo che porterebbe il «liberi tutti» da movida, ma la predicazione di qualche cattivo maestro: liberi pensatori sgarbati e filosofi del nulla, raggruppabili nel Collettivo dei Narcisi da talk show.

Dietro la pretesa dell’estetica virile c’è una manipolazione politica: non fidatevi di questi politici che si affidano agli scienziati, contate solo su voi stessi, fate vedere chi siete. Insomma: non la libertà di difenderci dal male, ma la libertà di sottrarsi alle misure anti virus. In sostanza, chi fin qui ha cavalcato ogni genere di paura, ne trasferisce l’origine su chi deve tutelare la salute pubblica facendoli passare per seminatori di terrore. Rivolgersi per competenza a chi, costretto a mettersi la mascherina dopo i disastri combinati, ha gettato la maschera per riconciliarsi con la realtà: i negazionisti da business class alla Trump (leggetevi lo schianto dell’economia americana), Johnson e Bolsonaro. Dovrebbe essere chiaro, come ha detto Mattarella nella seconda parte del suo discorso, che «nessuno avrebbe potuto affrontare e vincere da solo questa sfida» e che «uniti si è più forti».

E se il cambio di paradigma, fin lì inimmaginabile, s’è ottenuto con la ritrovata solidarietà europea che ha messo in campo una potenza finanziaria senza precedenti, l’Italia ora deve utilizzare queste risorse con un programma «tempestivo, concreto, efficace». Tre aggettivi in cerca d’autore e che chiamano in causa i ritardi del governo e le contraddizioni della maggioranza. Una su tutte: l’allungo dell’emergenza sanitaria fino al 15 ottobre è stato imposto da una valutazione corretta delle circostanze ma il passaggio successivo, secondo logica, dovrebbe essere l’adozione del Mes che destina 37 miliardi alla sanità. L’urgenza sanitaria «chiama» e non allontana l’ex Fondo salva Stati, in quanto il Mes interviene per sanare questa area di crisi. L’emergenza non conclusa e i 37 miliardi sono una formula a prestazioni corrispettive: l’una si giustifica con l’altra. Se non ora, quando?

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