Polemiche sull’Arma
Governo diviso

«Non diamo a Mario, con le polemiche, la dodicesima coltellata». Con queste parole il comandante dei carabinieri, generale Nistri, durante il funerale del vicebrigadiere ucciso a Roma, ha voluto lanciare un appello a politici e media perché non infieriscano sull’Arma per la vicenda della foto che sta facendo il giro del mondo in cui si vede uno dei due giovani americani accusati dell’omicidio con le manette e una benda sugli occhi. Una vicenda tristissima, un penoso autogol nel giorno in cui in cui tutti gli italiani (tranne la svirgolata professoressa che ha twittato «uno di meno») si sono stretti attorno ad una delle istituzioni più amate del Paese.

Anche se non immune, neanche essa, da seri problemi interni che via via emergono: non a caso la vicenda della benda all’americano è già stata avvicinata dagli ambienti alternativi al «Caso Cucchi». Nistri insomma chiede di non strumentalizzare perché -assicura – l’Arma saprà fare ordine da sé come ha già cominciato a fare. E tuttavia proprio la foto incriminata è riuscita a far emergere ancora una volta, insieme alle polemiche, quanto siano diverse le sensibilità all’interno del governo. Tra Salvini, Conte e Di Maio.

Il ministro dell’Interno ha fatto fare un tweet per dire una cosa molto diretta e «popolare»: altro che scandalizzarsi, c’è una sola vittima da piangere, un carabiniere, un padre, un italiano che stava facendo il proprio dovere e che è stato accoltellato: chi sarà giudicato colpevole, dice ancora Salvini, «dovrà avere la galera a vita». Concetto peraltro già esplicitato quando si diffuse la notizia del fatto di sangue e si pensava che gli aggressori fossero nordafricani: «bastardi», li definì sulle prime il ministro dell’Interno. Per il quale dunque l’atto di bendare il fermato e di fotografarlo in quella condizione non deve farci dimenticare «chi ha fatto cosa».

Completamente diverso il registro scelto dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte che non ha esitato, da avvocato, a definire illegale la circostanza verificata in caserma prima dell’interrogatorio e, ancora più precisamente, un atto estraneo alla nostra civiltà giuridica. E ha aggiunto: «Bisogna evitare di cavalcare la reazione emotiva della gente». Una frase che è apparsa a tutti come una smentita di Salvini e una critica neanche tanto velata alla pretesa del leghista di «cavalcare» la rabbia dell’opinione pubblica.

Un po’ a metà tra le due posizioni, come spesso gli capita, Luigi Di Maio secondo il quale prendersela con i carabinieri per il bendaggio «è buttarla in caciara», espressione romanesca che vuol dire fare confusione per intorbidare le acque. Insomma, anche in questa circostanza, come troppe volte ormai accade, il governo è riuscito a parlare con due o tre linguaggi. Ancora una dimostrazione della profonda differenza tra i due partiti che governano essendo però d’accordo su nulla: dalla Tav – su cui si voterà in contrapposizione tra Lega e M5S – alla autonomia regionale, alla manovra economica e al taglio delle tasse, allo stesso decreto sicurezza di Salvini che al Senato, per via dei dissidenti grillini e dello scarso margine di maggioranza del governo, rischia di essere affondato.

La votazione è prevista per il 6 agosto e non sono pochi quelli che scorgono in quella data un possibile d-day per il gabinetto presieduto da Conte. La Lega non potrebbe tollerare la bocciatura del decreto che Salvini considera come un fiore all’occhiello. Cosa succederebbe un istante dopo è difficile prevederlo anche se fatalmente il presidente del Consiglio Conte dovrebbe riferire al Capo dello Stato il venir meno della maggioranza in Parlamento su un tema di primaria importanza per il suo stesso programma (o «Contratto»).

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