Sovranismo sconfitto
dal voto austriaco

Il volto del vincitore è giovane e attraente. Sebastian Kurz ha 33 anni, è l’enfant prodige della politica europea e ieri sera l’ha confermato. Ha stracciato i partiti concorrenti e lasciato al secondo posto i socialdemocratici con quasi 16 punti percentuali di distanza, 37,2 % per i popolari dell’Övp e 21,7% per Spö . Ma i veri sconfitti sono i nazional-populisti della Fpö, hanno lasciato sul terreno il 10%. Adesso il più giovane cancelliere della storia austriaca ha carta bianca e può decidere a suo piacimento con quale coalizione governare. Nelle ultime elezioni del 2017 l’Övp era stata costretta a venire a patti con il partito di Strache che sull’onda dei migranti aveva incassato il consenso del piccolo uomo di strada, quello che non si occupa di politica ma vede nell’afflusso incontrollato dei nuovi venuti un pericolo per la stabilità del sistema. Un po’ quello che è accaduto in Italia con Salvini.

Poi il partito che più sembrava indicato per riportare l’Austria agli austriaci e ambiva alla maggioranza dei consensi di colpo è stato detronizzato. In un video registrato a Ibiza l’ex capo indiscusso della Fpö Heinz-Christian Strache conversa con una signora russa e propone uno scambio di favori, finanziamenti e appoggio dei media contro agevolazioni nelle commesse.

Sebastian Kurz fa cadere il governo, il presidente della Repubblica insedia un esecutivo di transizione e convoca nuove elezioni. Ieri la condanna definitiva, la carriera politica di Strache è finita nel cestino e quel che più conta il partito è ridotto al 16% e finisce al terzo posto dietro ai popolari e ai socialdemocratici. Anni di storia e di lotta antisistema per niente. Il pallino torna nelle mani dei partiti tradizionali. Non senza modifiche. Il calo dei socialdemocratici, che perdono il 5%, è vistoso ma ancora più vistoso è il balzo in avanti dei Verdi che vedono triplicati i consensi dal 4% al 14%, dieci punti percentuali in più. Se poi aggiungiamo che il partito di centro, liberale dei Neos viaggia verso l’8% e cresce del 2,5% appare chiaro che la maggioranza dell’elettorato austriaco auspica un governo con forze politiche che non si lascino suggestionare dagli estremismi e riscoprano la vecchia arte della politica ovvero capacità di capire, senza fughe in avanti e mediare. Esattamente quello che ha dimostrato di sapere fare il vincitore Kurz, rassicurare, affermare i valori della tradizione ma non chiudersi. Queste elezioni hanno mostrato come le forze sovraniste che pur hanno avuto il pregio di cogliere l’insoddisfazione e il disagio della società, siano poi incapaci di dare risposte strutturali. E il limite lo si nota proprio dai loro leader che hanno pensato al successo come l’unico toccasana della politica. Non gli avversari li hanno portati alla sconfitta, ma i loro errori.

E questo è successo anche in Italia. La reazione alla globalizzazione ha portato alla riaffermazione degli interessi nazionali anche all’interno dell’Unione Europea. È un fenomeno collettivo che pone l’affermazione dell’identità come obiettivo di demarcazione verso entità multinazionali dove tutto si gioca al ribasso, nella snervante ricerca di un consenso generale. Non a caso l’Onu perde di efficacia, bloccata dai veti incrociati che la rendono impotente. Ma questo non vuol dire che si debba flirtare con Putin o con i cinesi in un rischioso ribaltamento di alleanze. L’Occidente è uno, anche se variegato, e non è un caso che quando Salvini avrebbe potuto godere dell’appoggio del suo sodale americano, i favori di Trump siano poi andati a «Giuseppi». Conte e Kurz hanno capito che ci vuole stabilità anche nell’instabilità. Gli elettori hanno premiato l’austriaco, per il presidente del Consiglio italiano dobbiamo ancora attendere.

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