Sui decreti è braccio
di ferro nel Governo

Il compromesso che la maggioranza va cercando sui temi della giustizia comporta una grande fatica: la diatriba sulla prescrizione è solo uno degli argomenti su cui in questo momento grillini e leghisti stanno litigando mentre a Bruxelles il ministro del Tesoro Tria tenta disperatamente di difendere la manovra economica dalle accuse dell’intera Europa.
Ma andiamo con ordine. La prescrizione, o meglio il congelamento della prescrizione a partire dalla sentenza di primo grado anche in caso di assoluzione, è stata inserita dai grillini nel decreto «anticorruzione» ma è osteggiata dalla Lega oltre che da tutte le forze di opposizione.

Ma «è nel contratto di governo» protesta il Guardasigilli Bonafede: contratto che sul punto, in verità, è alquanto generico, e si limita ad auspicare una riforma della prescrizione, senza specificare come. C’è anche una obiezione di tecnica legislativa: un provvedimento tanto importante è stato inserito in un emendamento al decreto. «Serve una legge» è l’obiezione della Lega. Per tutta risposta, i pentastellati hanno fatto un po’ di maquillage alla norma: la ripresentano tale e quale ma con un titolo diverso. Non basta. Lo scontro, ancora nelle ore della sera, era aperto: la Lega così come è, anche col nuovo titolo, quel testo non lo vota. Oltretutto i salviniani hanno presentato, loro, una tale massa di emendamenti all’intero decreto da smantellarlo pezzo a pezzo.

Se non si trova il compromesso sul dl «anticorruzione» voluto da M5S, va in bilico anche quello sulla sicurezza, bandiera di Salvini. Sulle misure previste, in particolare sull’immigrazione, tanti grillini dissentono e minacciano di non votare (al Senato, dove si trova il testo, i numeri della maggioranza sono risicati). In realtà Forza Italia e Fratelli d’Italia in questo caso voterebbero a favore. Ma il loro sì rischia di imbarazzare Di Maio: il voto compatto del centrodestra significherebbe il trionfo del capo della Lega e della coalizione, e i 5Stelle farebbero la figura dei portatori d’acqua. Non si può fare, ragiona Di Maio, meglio mettere la fiducia, così gli azzurri e i meloniani sono costretti a votare contro e i dissidenti grillini devono rimangiarsi le critiche e tornare in riga pena l’espulsione immediata e già minacciata.

Insomma si andrà alla conta sul sì o no al governo – che i grillini hanno sempre condannato ai tempi di Renzi e Gentiloni – ma Di Maio non può fare un regalo così importante a Salvini, tantopiù se la Lega non cede sulla prescrizione. Il presidente «esecutore» Conte è chiamato all’ennesima mediazione. E poi c’è la manovra, dicevamo. Tria sta a Bruxelles su un letto di spine: tutti i suoi colleghi europei ministri delle finanze condannano la linea del governo di Roma e appoggiano la Commissione che ha emesso la «bocciatura» con richiesta di immediata e sostanziale correzione di rotta. Si cerca anche qui il compromesso, ma se la trattativa si incaglia sulla percentuale del deficit, 2,4%, ci sarà poco da fare. Il commissario Moscovici pretende che l’Italia si rimangi quel numero, Salvini e Di Maio ripetono tutti i giorni che non vogliono arretrare «di un solo millimetro». Se Tria non fa il miracolo, si va verso la procedura di infrazione, con misure che rischiano di essere pesantissime.

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