Un nemico subdolo
Tutto quello che sappiamo

Il coronavirus è arrivato nel Nord Italia. Al momento in cui scriviamo almeno tre Comuni della Bassa padana, Castiglione d’Adda, Codogno e Casalpusterlengo, tra Lodi e Piacenza, sono semideserti, come dopo un fallout nucleare. Le tv trasmettono a getto continuo le immagini delle piazze e le facciate degli ospedali in cui sono ricoverati i pazienti vittima del virus, gli inviati riferiscono in diretta i bollettini medici.

La gente di queste terre, circondate da un cordone sanitario, è stata espressamente invitata a stare in casa e a uscire solo per necessità estreme, evitando i luoghi pubblici. Scuole, uffici, luoghi di lavoro resteranno chissà fino a quando chiusi, in molti casi anche i negozi. Immaginiamo la tribolazione, la pena di questi nostri concittadini. E anche noi che siamo lontani da quel triangolo abbiamo una sensazione di vuoto, ci sentiamo accerchiati da un nemico invisibile, sentiamo che la «nuova peste» si avvicina, che è a due passi da casa nostra, che anche noi siamo a rischio, indifesi, contro un virus contro cui non c’è ancora la cura vincente e definitiva.

L’amara novità di queste ore è che non c’è un collegamento epidemiologico chiaro, anche l’Oms è preoccupata per i legami non più evidenti del contagio. Cosa sappiamo di questo nemico invisibile? Sappiamo che il virus non colpisce i bambini sotto i nove anni, porta a guarigione in più del 98 per cento dei casi e risulta per lo più letale con gli anziani e i soggetti con patologie pregresse, i primi dunque da proteggere. Un nemico subdolo, perché viaggia dentro il sangue di pazienti asintomatici: chiunque attorno a noi potrebbe girare con il colpo in canna.

Ma la prima cosa di cui non avere paura è la paura. Niente panico. Calma e gesso. Quella del coronavirus è una battaglia che l’umanità vincerà. Nel frattempo mettiamo in atto i consigli degli esperti del ministero della Salute e avremo possibilità quasi nulle di venire contagiati.

Il primo accorgimento da mettere in atto è che chi torna dalla Cina deve mettersi in quarantena, come dice ormai da settimane l’immunologo Burioni, proprio per il fatto che non sappiamo per giorni se il virus sarà conclamato. Dunque chi torna dall’Estremo Oriente (al momento quasi nessuno per la chiusura dei voli) dovrà affrontare questa piccola quaresima. Se pensiamo di averne i sintomi (tosse persistente, febbre, difficoltà respiratorie) chiamiamo il 112 per farci venire a prendere da un’ambulanza o il 1500, il numero del ministero della Sanità adibito a questa emergenza. Laviamoci spesso le mani con acqua e sapone o con soluzioni alcoliche per almeno 20 secondi (recitiamo nella mente due volte «tanti auguri a te», come fa il protagonista di un film di Woody Allen, «Basta che funzioni»). Se dobbiamo starnutire, facciamolo col fazzoletto e il gomito flesso, o con una mascherina, facciamo attenzione alle pratiche alimentari (evitiamo i cibi crudi e la verdura non lavata) e puliamo oggetti e superfici che sospettiamo possano essere contaminate.

E naturalmente evitiamo quella «caccia all’untore» che serve solo a generare ulteriore panico e alimentare rabbia sociale inutile e stupida, prima ancora che moralmente inaccettabile. Certo molti di noi vivranno giornate difficili, come quelle che stanno vivendo molti esercenti legati alle aziende cinesi, dalla ristorazione ai trasporti aerei. L’economia, anche quella lombarda, ne risentirà e non è certo la stagione migliore, ci mancava anche il coronavirus. Ma sapremo far fronte anche a tutto questo: i lombardi non sono gente che non si dà per vinta nemmeno di fronte a un virus che la ricerca medica sconfiggerà definitivamente prima ancora di quando immaginiamo.

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