Venezia fragile
Troppo turismo

Si esce dal dedalo di calli e campielli dell’isolotto di San Giorgio, si sfiora la fondazione Guggenheim con la sua collezione di grandi pittori contemporanei e si esce in mare «aperto», passeggiando lungo le fondamenta della Giudecca, magari consumando un «gianduiotto da passeggio», inimitabile specialità del quartiere. Un’esperienza comune a milioni di turisti ogni anno. La stessa che ti prende quando, a un certo momento, il rumore dello sciacquio delle onde che si infrangono dolcemente contro le fondamenta viene interrotto da un ululato che squarcia il cielo sopra Venezia come l’annuncio del Giudizio Universale. Giri la testa dopo un sobbalzo ed ecco che compare in mezzo a barche, barchette e motoscafi un mostro di 60 mila tonnellate, alto come un palazzo di quindici piani, trainato da uno o due rimorchiatori. Di navi così ne approdano 500 all’anno nella città della Laguna, minacciando il fragile tessuto di una città unica al mondo.

Dopo l’incidente di domenica mattina si è ricominciato a parlare del problema delle grandi navi da crociera a Venezia: una questione di cui ci si occupa ciclicamente, e su cui non si è mai trovata una soluzione. Almeno tre milioni di turisti l’anno approdano così nella più romantica città del mondo, dopo averla ammirata dal ponte di una nave come un presepio, essere sbarcati per qualche giorno per poi ripartire.

Per chi le organizza, offrire ai propri clienti la possibilità di visitare anche Venezia è un punto di forza e per questo negli anni il numero di crociere che passano per la Laguna è aumentato anziché diminuire. Le navi da crociera, però, sono mastodontiche, l’opposto di un’imbarcazione che dovrebbe solcare i canali della Serenissima: lunghe fino a 400 metri e larghe anche più di 40 metri e sotto la superficie dell’acqua, con lo scafo, raggiungono anche i 10 metri di profondità.

Arrivano attraverso la bocca di porto di San Nicolò, l’accesso più settentrionale alla laguna, poi devono percorrere il trafficato canale della Giudecca e arrivare fino alla Marittima costeggiando i giardini della Biennale, piazza San Marco e il resto del centro storico della città. Goffe nei movimenti, occupano grandissimi spazi, inquinano moltissimo e creano il moto ondoso che alla lunga danneggia le fondamenta della città.

Si parla ormai da anni di bloccare questo tipo di traffico ma troppi sono gli interessi in gioco: l’indotto, il turismo crocieristico e altri interessi commerciali.

Di soluzioni ne sono state avanzate numerose. Una è quella deviare le rotte e fare entrare nella laguna dalla bocca di porto di Malamocco, più meridionale di quella di San Nicolò, tenendole fuori dal canale della Giudecca e facendole arrivare alla Marittima da sud. Questo però avrebbe reso necessario lo scavo di un nuovo tratto di canale, con conseguenze ritenute troppo dannose per l’ecosistema della laguna, l’eterno problema di ogni decisione presa a Venezia.

Un’altra idea era quella spostare l’arrivo della navi dalla Marittima al porto industriale di Marghera, ormai sotto utilizzato, ma è un progetto molto difficile da realizzare: un po’ per l’opposizione delle compagnie un po’ perché il porto di Marghera avrebbe bisogno di pesanti bonifiche e costosissimi lavori. Si è anche pensato di costruire un nuovo porto appena fuori dalla Laguna, lungo il lido di Venezia, operazione ancor più complessa e complicata.

Per questo l’annuncio del ministro dei Trasporti Toninelli, che ha promesso nuove rotte entro il mese, rischia più di essere l’ennesimo proclama sulle navi da crociera che affonda nella Laguna.

© RIPRODUZIONE RISERVATA