Artigianalità manageriale
A scuola di Luigi e Cristina

Si incontrano e si fondono Luigi Arcaini e Maria Cristina Signori, in un progetto che ha l’estro e la specialità della sartoria, ma anche la precisione e l’organizzazione del processo industriale modulato su un prodotto totalmente su misura e artigianale.

Perché gli abiti sono pezzi di storia cuciti su misura ma con l’occhio di chi ne conosce fasi e procedimenti. Le storie di questi due bergamaschi sono diverse: due professionalità che si incrociano, si interfacciano, camminano su strade parallele da trent’anni.

Maria Cristina Signori è una 50enne dagli occhi vivaci: ha il cucito nelle dita, quei movimenti veloci memoria del passato di una famiglia di donne tenaci e pragmatiche. Ha iniziato così a imparare il mestiere, con le prime clienti che nell’86 in via Cappuccini le portavano il modello da replicare. «Col disegno, il figurino, la pagina strappata dal giornale – ricorda -. Poi ci mettevo le mie personalizzazioni, l’occhio di chi legge anche il corpo che indosserà quell’abito». Con gli anni i modelli si evolvono, soprattutto da qualche anno, da quando nelle grandi vetrine di borgo Santa Caterina 41 sono arrivati i suoi abiti. Pensati, tagliati, cuciti da lei: «Li ho creati nella mia testa e con il cuore, partendo dai colori e tessuti che prediligo» . L’etichetta si chiama «Maria Cristina», e lei fa spallucce quando le si chiede di descriverla: «Sono io con le mani nel lavoro» sorride avvolta nella sua felpa nera, i capelli raccolti e le immancabili scarpe da runner.

È schiva, riservata, ma è proprio così: mette le mani nelle stoffe e si lascia andare. Nel dettagli in velluto sui jeans , nelle bluse di seta dai blu brillanti, nei cappotti di lana dove i colori caldi del rosso, del viola e dell’arancio si abbinano in un connubio casual e contemporaneo. «La mia è una collezione in evoluzione – spiega Maria Cristina -. È il mio hobby, la passione di fare quello che mi diverte in mezzo ai tanti modelli che personalizzo quotidianamente per le clienti che cercano l’artigianalità del pezzo unico, il privilegio di scegliere una stoffa pregiata, la specialità del capo su misura». E non è così semplice: «È una dote immaginare ciò che sarà un caldo pezzo di panno, un luminoso taglio di seta – spiega -. È un valore aggiunto, significa anche mettersi in gioco». Parla piano Maria Cristina, con la lentezza di una che la precisione del taglio la vive giorno per giorno, che non ha fretta: «Né di creare, né di vendere i miei pezzi. Ogni capo è da assaporare, ha bisogno del suo tempo e poi io sono sola: sono la mia testa e le mie due mani. E ci vado d’accordissimo».

Poco più in là, chinato su un grande tavolo di legno, Luigi Arcaini sta tagliando un pantalone. Il metro da sarto al collo, lo sguardo severo e concentrato. «Cucire è una passione che ho coltivato fin da ragazzo e, nonostante fossero tutti stupiti in famiglia, a 14 anni mi sono iscritto a un corso serale di taglio e cucito. C’ero io, adolescente, in mezzo alle sartine di mezza età». Luigi inizia così un percorso che è passione, ma non fine a se stessa: «Nonostante il diploma di perito chimico la mia strada era già sulla sartoria ed ero consapevole che non bastava essere capace: dovevo studiare».

Luigi prova e riprova, copia abiti da uomo e da donna, cuce e scuce: «Cercavo di capire cosa c’era dietro un abito attraverso le sue cuciture. Ho iniziato con i primi ordini. Prima per gli amici, poi per una rete più estesa – racconta -, e ho conosciuto Cristina con cui abbiamo creato questa sartoria, ora in borgo Santa Caterina». Un laboratorio che si è evoluto nel tempo, proprio come Luigi: «C’era l’estro di Cri e il mio lavoro più tecnico, ma serviva di più, per testare le mie capacità e specializzarmi» sottolinea. Arriva il corso di Modellistica in Marangoni a Milano, ma anche un corso di Product Management, «per avere una visione del prodotto nella sua interezza, per capire cosa significava mettermi sul mercato». Ma non solo: «Sono andato a lavorare in un’azienda che faceva pret-à-porter: sono partito contando i bottoni, dopo quattro mesi dirigevo la linea di produzione e ho imparato così la tecnica di come realizzare una collezione total look. È stata la mia gavetta che ho abbinato a una stretta collaborazione con tre sarti di bottega ormai in pensione che mi hanno raccontato il loro modo di fare un abito su misura, mi hanno dato quella manualità fine che profuma di passato e di sapere artigiano».

Nasce così la sartoria Arcaini, con l’esperienza antica e i processi industriali alle spalle: «Ho tratto i punti di forza delle tecniche acquisite, ho compreso quali passaggi superare della sartoria tradizionale e quali sviluppare dei processi dell’industria. Avere una visione completa offre il valore aggiunto, permette di vestire considerando la rotondità della persona». E Luigi ripete spesso questo concetto: «Qui la moda non c’entra, non basta. Il tessuto è piatto, sono le mani che lo rendono tondo».

Luigi sorride poco, e non smette di lavorare mentre parla e taglia con le lunghe forbici da sarto. Rigoroso: «Non mi sento mai arrivato, cerco sempre di fare meglio, di migliorare i processi di lavorazione, nella personalizzazione e perfezione di un capo su misura«. Ci crede talmente tanto che ha un sogno che per lui significa futuro, crescita: «Ho aperto un laboratorio dove sto formando due giovani sarti e ne sto cercando altri per creare un percorso artigianale sul prodotto, un progetto manageriale, dai processi snelli e dalla definizione sartoriale». Ecco il punto di arrivo e il sogno da realizzare, in un connubio tra l’estro di Cristina e la tecnica di Luigi. «Lo chiamiamo gioco di squadra e una crescita che viviamo insieme giorno dopo giorno» spiegano. Significativa anche la scelta, solo 5 anni fa e dopo 25 anni di attività insieme, di scrivere «sartoria» nell’insegna. «Prima era solo Arcaini – commentano -. Abbiamo rispetto delle parole, ci crediamo molto».

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