Salute mentale, l’onda lunga del Covid
«È un’emergenza, servono più risorse»

Incremento di casi, soprattutto tra i giovani. L’allarme delle comunità: «C’è bisogno di posti, personale e corsi. La psichiatria di serie B, dovrebbe ricevere il 5% del fondo sanitario ma non va oltre il 3-3,5%»

Un’emergenza dai molteplici risvolti, che si conferma tra le prime cause di morte, di perdita di ore lavorative, di grave deterioramento della qualità di vita di tanti giovani, adulti e intere famiglie. Nella Giornata mondiale dedicata alla Salute mentale si moltiplicano le iniziative di sensibilizzazione su un tema - il benessere psichico - che è stato messo a dura prova anche dal Covid, rivelatosi un formidabile catalizzatore di patologie correlate ai disturbi mentali. Sintomi di ansia e depressione che si sono uniti a un maggior uso di sostanze, fino a un incremento esponenziale degli atti di autolesionismo, soprattutto tra i più giovani. Un dato bergamasco fa riflettere: solo tra novembre e dicembre del 2020 si è registrata una crescita significativa dei ragazzi che hanno tentato il suicidio, un 30% in più rispetto ai dati standard pre-pandemia.

E proprio dalla Bergamasca si alza un grido d’allarme, con tante strutture che operano nel campo della psichiatria quasi in ginocchio: reclamano più fondi, personale, formazione, inserimenti lavorativi e un’attenzione diversa visto che il Covid ha causato l’interruzione di una vasta gamma di percorsi riabilitativi, acuendo la sofferenza dei pazienti e di chi fornisce assistenza. I numeri delle strutture psichiatriche residenziali e semiresidenziali private e accreditate della Bergamasca offrono un quadro variegato: 15 comunità residenziali, con diversi gradi di intensità di cura, per un totale di 276 posti, 7 centri diurni che offrono 100 posti, e alcuni appartamenti in housing sociale dove vivono le persone più autonome.

«Psichiatria di serie B»
«Dietro questi numeri ci sono tante vite e storie di disagio dei pazienti - sottolinea Carlo Saffioti, psichiatra bergamasco e direttore sanitario della Fondazione Emilia Bosis che ha sedi tra Bergamo e Verdello, 50 posti residenziali e 2 centri diurni -. Purtroppo con il Covid si è registrato un aumento delle malattie mentali, ma il problema del sistema salute non è affrontato con le necessarie risorse. La psichiatria viene considerata di serie B ed è più facile investire in cardiologia, oncologia, diagnostica, con pazienti molto più complessi rispetto al passato. Serve a livello nazionale un piano d’investimento straordinario per le malattie mentali di adulti e bambini. Ogni Regione dovrebbe destinare il 5% del fondo sanitario alle malattie mentali, cifra stabilita quasi vent’ anni fa in una situazione non grave come quella attuale, ma le risorse erogate oscillano tra il 3 e il 3,5%. Le tariffe corrisposte alle comunità per le prestazioni non sono mai state adeguate. Investire nelle malattie mentali è un arricchimento affettivo che ridà speranza di vita alle persone, con meno invalidi e più inserimenti occupazionali». «Inoltre - prosegue Saffioti - i parametri regionali sono vecchi, nel senso che nella nostra provincia ci sono meno posti letto rispetto ad altre nella residenzialità e nei servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc), quindi sia per la riabilitazione comunitaria sia per l’acuzie. Noi operiamo nella Bergamasca in una logica di sussidiarietà, riabilitazione, risocializzazione e assistenza dei pazienti psichiatrici, in stretta collaborazione con i servizi psichiatrici ospedalieri (Spdc) e territoriali (Cps), i soli soggetti deputati a proporre il ricovero nelle nostre strutture. Ovunque c’è bisogno di più personale, corsi professionali e maggiore disponibilità abitativa. Non ci si può accontentare di tamponare le situazioni e accettare la “porta girevole” di pazienti che passano dalla comunità agli Spdc e ad altre strutture».

«Bergamo, accordi disattesi»
Raffaele Casamenti, presidente della cooperativa sociale Aeper di Bergamo che offre servizi psichiatrici per adulti e adolescenti tra Bergamo e provincia, evidenzia le lacune: «La Lombardia spende il 3,1% dei fondi sanitari per la psichiatria e la neuropsichiatria. Troppo poco. C’era un’intesa Stato-Regioni che aveva fissato una soglia del 5% di fondi, peraltro solo per la psichiatria per adulti, che viene completamente disattesa. Bergamo è nelle retrovie e tra le province lombarde più penalizzate, con una cifra indicativa del 3% di fondi destinati. Si avverte la necessità di un nuovo Spdc per i bisogni manifestati dalla provincia. Mancano reali progetti di sviluppo lavorativo e i servizi domiciliari e territoriali sono carenti». Licia De Angelis, presidente della Coop Biplano di Urgnano che propone ai pazienti anche l’inserimento lavorativo nei campi con l’agricoltura biologica, aggiunge: «La mancanza di risorse è un problema endemico. Il Covid ci ha costretto alla chiusura del centro diurno e la comunità in sostanza si è chiusa in sé stessa, visto che i giovani non potevano uscire e hanno abbandonato il percorso riabilitativo. Abbiamo avuto i vincoli restrittivi delle Rsa, ma non si è valutato che i problemi dei minori sono diversi. Abbiamo pochi posti contrattualizzati e ancor meno infermieri. Le strutture come le nostre meriterebbero maggiore riconoscimento, ma nei fatti non è così».

«Più inclusione sociale e dignità»

Giovanni Faggioli, direttore della Cooperativa La Bonne Semence di Oltre il Colle, non usa giri di parole: «Il vero problema è l’inclusione sociale, un fatto culturale. Il livello delle strutture è all’avanguardia, ma è difficile togliersi lo stigma rispetto al paziente psichiatrico. Il tavolo a più gambe è dato dal lavoro, l’abitare e la cura, ma senza una gamba il tavolo non regge. E qui servono risorse. Noi accogliamo anche una ventina di pazienti psichiatrici con misure di sicurezza, quindi soggetti che hanno commesso reati. Per loro è un calvario doppio e i tempi di recupero sono più lunghi. Abbiamo costruito delle opportunità con nuovi appartamenti e spazi dignitosi. Meritiamo supporto». Melania Cappuccio, direttore sanitario della Fondazione Cardinal Gusmini di Vertova, conferma: «I bisogni territoriali sono aumentati sensibilmente con il Covid e sono necessari infermieri e soprattutto operatori specializzati. Offriamo 60 posti di comunità psichiatrica residenziali e 10 semiresidenziali. D’ora in poi servono risorse concrete e non parole».

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