Caudano, la scuola che finisce e il calcio che riparte. Un pensiero su Gasp e uno scontro col suo «allenatore»

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F ine anno anomala di un anno anomalo. Il professor Caudano non ha mai molto amato l’ultimo giorno di scuola. La confusione, le goliardate chiassose, le bibite dozzinali (e mai il chinotto, men che meno di qualità), la musica diffusa e distorta da mezzi di fortuna: tutte cose lontane dal suo gusto e dal suo senso del decoro. Per non dire dei saluti ai pensionandi, cui si sottrae in ogni modo, per non assistere alla fiera dell’ipocrisia: anni di maldicenze incrociate nei corridoi che si cristallizzano infine in complimenti, applausi e regalo con biglietto. Quest’anno, però, l’ultimo giorno di scuola a Caudano è mancato, perché il congedo dai ragazzi dentro l’acquario dei computer è stato anche peggio. Il buon Elvio è sobrio e misurato anche dal vivo. Ma la differenza è stata chiara pure a uno come lui, che non si abbandona a smancerie, ma una frase appropriata per ciascuno degli allievi che passino a salutarlo la trova, e la dice guardandoli negli occhi. Dettaglio che i ragazzi apprezzano. Tanto che sono ben pochi quelli che non vanno a cercarlo nella classe cui l’orario lo assegna, e in cui lui è reperibile nonostante la generale baraonda.