Le città del calcio: Glasgow, dove le partite non sono normali. E i derby... finiscono con la conta dei feriti (e non solo)

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S e vi piace vincere facile, beh, siete nel posto giusto. Centocinque campionati, divisi tra due squadre. Welcome to Glasgow, un posticino non proprio raccomandabilissimo, ma nemmeno così brutto come si vuol far credere. Se poi vi piace il calcio e quell’atmosfera, come dire, vagamente borderline, tra il decadente e qualche sprazzo di modernità persino azzardata, il viaggio comunque merita. Anche perché Edimburgo è a meno di un’ora di treno, alla peggio potete scapparci appena dopo il 90°. Ibrox o Celtic Park? Blue or Green? Il mondo qui ruota intorno a questi colori, con annessi e connessi: lealisti fino al midollo e parecchio protestanti quelli del Rangers, cattolicissimi, “feniani” (gli indipendentisti irlandesi) e di sinistra quelli del Celtic. O state di qua o state di là. Punto. Oppure tifate Partick Thistle, ma è un’altra partita.

Una premessa è d’obbligo, il campionato scozzese è strano assai: 12 squadre in tutto e un turnover minimo, ne retrocede una e la penultima spareggia con quelle classificate dal 2° al 4° posto dei cadetti. Si gioca su tre giri, andata-ritorno-andata, poi due mini poule salvezza e campionato dove ognuna entra con i punti della prima fase. In sostanza non cambia nulla, tranne il fatto che di riffa o di raffa Celtic e Rangers si incontrano di sicuro 4 volte l’anno, e poi ci sono le coppe. Sì, al plurale, due per la precisione, e statisticamente ci scappa almeno un’altra partita. Per farla breve, le due anime di Glasgow si incrociano ad andare male 5 volte l’anno: normale che non si sopportino. Se poi aggiungiamo il carico da mille della religione, di sua maestà, dell’Ira eccetera ecc, l’Old Firm (così è chiamato) è più una guerra civile che una partita di calcio.