Atalanta-Lazio rivissuta nello scritto di Ombra. Quel 3-4 da cui tutto iniziò, Bastos, incubi e sogni che s’inseguono

storia.

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L’ arrabbiatura non è ancora passata. Per colpa di una stupida prima di campionato sei costretto a rinunciare a Brasile-Italia. La finale olimpica di pallavolo, a Rio de Janeiro. Un appuntamento con la Storia dello sport italiano, la possibilità di cogliere una medaglia sfuggita anche alla Generazione dei Fenomeni. La perderemo pure, quella partita. Almeno ti sei risparmiato un po’ di nervoso. Giù di corsa all’impazzata dalla Val Taleggio, col nonno preoccupato che possa arrivare in ritardo in zona stadio. L’afa della città, sinceramente, non ti mancava per nulla. Però lo riconosci. È lui. Quel battito lievemente accelerato, unito da un misto tra timore dell’Ignoto e illusoria speranza tipica dell’adolescenza. Oltre l’immaginazione del più scafato sceneggiatore di Hollywood. Eppure, quella domenica sera di fine agosto, i prodromi della Rivoluzione si sono manifestati tutti. Nessuno escluso. Sin troppo lampanti. L’inizio arrembante ad accompagnare i fuochi d’artificio sparati dalla vecchia Nord. La riaggressione, appena perso il pallone, che scopre le spalle ai centrali e apre una voragine tra l’ultimo uomo e Sportiello. Una squadra acerba, incompleta ma follemente indemoniata, che anima un Comunale a metà tra le ferie in Riviera e il sudore appiccicoso della Bergamo di fine estate. Traversa di Paloschi.