L’Atalanta è tornata sul luogo del delitto. E Caudano fa pace con l’Olimpico

Articolo.

Lettura 3 min.

G li uomini solitari e prevalentemente malinconici hanno il culto degli anniversari, come ebbe a notare con parole al solito acutissime il conte Giacomo Leopardi, nel tredicesimo dei suoi Pensieri. Sono persone la cui sensibilità è sollecitata dal poter pensare che nel tal anno, quello stesso giorno, gli è accaduta quella certa cosa. E la coincidenza della data sembra loro che dia una tinta particolare al ricordo in cui amano crogiolarsi. Ovvio che tutto ciò accada anche al professor Caudano, il quale, tuttavia, alla dimensione del tempo associa anche quella dello spazio. In lui, infatti, crea particolare emozione non solo poter pensare a ciò che è accaduto in corrispondenza di un certo giorno, ma anche riandare a ciò che gli è occorso in un certo posto. Culto dei luoghi, dunque. Che possiede ed onora fin da quando era bambino. Il giardino della zia Elide a Pontremoli, teatro di giochi fantasiosi e solitari, di assedi memorabili a città invisibili, o di loro strenue difese; la classe del ginnasio del primo incanto per la più carina delle compagne; la sua caserma di fronte al Parco Suardi, dove l’imperscrutabile volontà ministeriale lo destinò, decidendo, ignara, che ne avrebbe fatto un tifoso dell’Atalanta; dentro quella caserma, il tavolo dello spaccio dove i primi tempi, a sera, si leggeva il suo Dante per il concorso ordinario e poi, stretta qualche amicizia, stava a chiacchierare con i commilitoni che avvertiva più simili a sé.