I n Italia il movimento ultras sembra in una fase di transizione, a volte persino stanca. Lo scorso campionato, complice anche la lunga incertezza legata al covid, alle capienze degli stadi e anche alla ferma posizione di diverse tifoserie sulle limitazioni all’accesso, sintetizzabili nello slogan “o tutti o nessuno”, non ci sono stati grossi problemi di ordine pubblico.
La maggior parte dei daspo riguarda l’introduzione di materiale pirotecnico, cori a sfondi razziali (vedi il caso Koulibaly a Bergamo o la chiusura della sud veronese) e lancio di oggetti. Sul versante degli scontri tra tifoserie, fortunatamente, si ricordano annate ben peggiori. In questi ultimi anni, il panorama dei gruppi storici delle curve è decisamente cambiato, a cominciare dallo scioglimento di realtà che hanno segnato la storia del movimento, come i Supporters a Bergamo che hanno di fatto lasciato la curva Nord priva di una guida forte e chiara. Dal comunicato del settembre scorso che ha messo la parola “fine” a una storia lunga 23 anni a oggi ci sono stati diversi tentativi di riannodare i fili tra le varie anime della curva, finora senza un risultato definitivo. Raggiungere un nuovo equilibrio non è semplice, bilanciare pesi ed esigenze di vecchi e nuovi ancora meno, individuare se non un leader quantomeno un direttivo una mezza impresa. Non che qualcuno ci abbia rinunciato, anzi, i confronti sono continui, ma non è detto che la svolta sia così vicina. Nel frattempo, rispetto ad alcune partite di inizio campionato scorso (Milan su tutte), il clima nella Nord è tornato decisamente più caldo e il tifo più compatto. Un primo passo. Ma la strada non è breve e soprattutto semplice.