Ai confini delle città, segni di rinascita
Gamec, il progetto fotografico di Rovaldi

La Gamec inaugura oggi il progetto fotografico dell’artista Antonio Rovaldi dedicato a New York. Nelle periferie spuntano terre di nessuno dove inaspettatamente la natura si rigenera spontaneamente.

Spazi vuoti dentro e intorno alle nostre città. Non li vediamo ma ci sono, e se il nostro sguardo ci cade più o meno per caso, li liquidiamo come luoghi privi di utilità che presto verranno e dovranno essere riempiti. Oppure come residui, non luoghi di passaggio dove nulla può accadere.

Eppure se facciamo più attenzione qualcosa accade, come quelle piantine che ci stupiamo di veder sbucare senza preavviso in condizioni a dir poco ostili, tra le crepe dell’asfalto, accanto ai binari del treno, tra le pietre di un muro. Ammiriamo la loro tenacia e la loro astuzia, talvolta le estirpiamo, rassegnati al fatto che a breve le vedremo rinascere qualche metro più in là. Sono tutti segnali di resilienza della natura, di quel «Terzo Paesaggio» che ci ha svelato una quindicina di anni fa la pubblicazione in Italia del libro dell’agronomo, entomologo e paesaggista Gilles Clément.

Guarda il servizio di Roberto Vitali per Bergamo Tv.

Oggi, a riaccendere i riflettori su questi «empty blocks», aree marginali e inesplorate perché considerate incompiute, sospese, indefinite, è l’artista Antonio Rovaldi con un progetto fotografico e un libro restituiti al pubblico dalla Gamec nella mostra «Il suono del becco del picchio», che si inaugura oggi alle 19 nell’Ala Vitali di Accademia Carrara.

Tutto nasce dal progetto «End. Words from the Margins, New York City», presentato lo scorso novembre all’Università di Harvard, promosso dalla Gamec in partnership con la Graduate School of Design di Harvard, il Kunstmuseum di San Gallo e Magazzino Italian Art di Cold Spring (NY), e con cui l’artista ha vinto la 5a edizione dell’Italian Council, il programma di promozione dell’arte contemporanea italiana nel mondo del ministero per i Beni Culturali. Curata dal direttore Gamec Lorenzo Giusti, insieme a Steven Handel, visiting professor di Ecologia ad Harvard, e alla design critic Francesca Benedetto, la mostra fotografica si muove al passo e allo sguardo di Rovaldi, che sceglie di avventurarsi camminando nelle periferie e nei bordi estremi di New York e dei suoi cinque boroughs (Manhattan, Brooklyn, Queens, The Bronx, Staten Island). Terre apparentemente di nessuno, vicine eppure così distanti dalla metropoli, vaste lagune in prossimità dell’oceano, svincoli autostradali e zone incolte e non facilmente accessibili.

L’idea è che proprio da questi confini, dove inaspettatamente la natura si rigenera spontaneamente, possa svilupparsi una rinascita consapevole della società, già oggi alle prese con la necessità di ripensare il proprio modello di sviluppo all’insegna della sostenibilità. In mostra 50 fotografie in bianco e nero in stampa analogica, mappe geografiche realizzate dall’architetto paesaggista Francesca Benedetto, un’installazione sonora e due sculture in bronzo: la copia di un limulo, creatura pleistocenica che ha vissuto con i dinosauri e che oggi si spiaggia, con tutto il suo carico di ere geologiche, lungo l’East Coast americana; il detrito di una tastiera ritrovata lungo una spiaggia di Staten Island, che si erge come una divinità totemica emersa dalle acque grigie dell’oceano. Completa l’allestimento il video «The Rest of the Images», realizzato in collaborazione con la regista Federica Ravera, che documenta la pratica dell’artista nella stretta relazione tra il camminare, l’immagine fotografica e la costruzione di un «romanzo visivo».

E poiché, se ci pensiamo, nella società liquida contemporanea il «Terzo Paesaggio» non è solo quello geografico ed ecologico, ma anche quello politico, sociale, antropologico, in parallelo alla mostra la Gamec, in collaborazione con Accademia di belle arti G. Carrara, promuove «Public Program»: in una serie di laboratori, escursioni, incontri e conferenze che coinvolgeranno artisti, architetti, urbanisti, filosofi e scrittori, il «metodo di indagine» di Antonio Rovaldi a New York sarà applicato anche all’esplorazione dei confini della città di Bergamo.

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