Crescono gli alberi «monumentali»: sono 34 in Bergamasca

L’aggiornamento pubblicato dal Ministero delle Politiche forestali: inseriti 9 nuovi esemplari. Gabriele Rinaldi: «Bellezza imponente che emoziona».

Imponenti. Centenari. Emozionanti. Li riconosci a distanza perché con le loro chiome sovrastano gli altri. Sono gli alberi monumentali: esemplari di piante che si contraddistinguono per l’elevato valore biologico ed ecologico e la capacità di dare un significato al paesaggio. In Lombardia ce ne sono 302. Trentaquattro sono nella nostra provincia. L’elenco, pubblicato dal Ministero delle Politiche agricole e forestali, è stato aggiornato proprio di recente, con l’inserimento di 9 nuovi alberi monumentali (6 in città, 2 a Oltressenda Alta e uno a Clusone) e l’eliminazione di due (a Seriate e Lovere) rispetto all’anno precedente.

Di questi 34 alberi, 9 si trovano a Seriate; 6 a Bergamo; 3 a Zanica; 2 ad Albano Sant’Alessandro, Cisano e Oltressenda Alta; 1 ad Azzone, Cassiglio, Clusone, Fara Gera d’Adda, Gorlago, Lovere, Pedrengo, Roncobello, Schilpario e Torre Boldone.

Per quel che riguarda le specie, invece, 8 sono cedri, di cui 5 dell’Himalaya, 2 del Libano e 1 dell’Atlantico, e 5 cipressi, di cui 3 calvi e 2 comuni. Nell’elenco ci sono poi due esemplari di gelsi bianchi, abeti bianchi, sequoie giganti, faggi, sofore del Giappone e platani comuni, oltre a una roverella, corbezzolo, tiglio selvatico, platano comune, sughera, acero di monte, bagolaro, tasso piramidale e ippocastano. La maggior parte sono stati classificati come alberi monumentali per età e dimensione, ma a fare la differenza sono anche forma, portamento, architettura, pregio paesaggistico e valore ecologico, storico, culturale e religioso.

Ci sono 9 nuovi alberi monumentali in Bergamasca (6 in città, 2 a Oltressenda Alta e uno a Clusone)

«Non si tratta mai di alberi appena piantati – spiega il direttore dell’Orto Botanico di Bergamo, Gabriele Rinaldi, che ha curato il libro “I grandi alberi. Monumenti vegetali della terra bergamasca” –. Spesso non se ne conosce nemmeno l’età esatta, che comunque il più delle volte riflette quella del luogo in cui si trovano. Sono alberi di una bellezza imponente, capaci di emozionare.

Hanno alle spalle una storia di resistenza. Negli anni sono successe tante cose e loro sono sempre rimasti lì, immobili. Solitamente sono i più grandi, i più resistenti, quelli che riescono ad adattarsi meglio all’ambiente. Sono paragonabili a veri e propri monumenti e ogni volta che ne muore uno è una grande perdita». Come nel caso del cedro del Libano che c’era davanti a Porta San Giacomo ed era parte integrante dello skyline di Città Alta. «Quando è morto – ricorda Rinaldi – ha lasciato il segno nel paesaggio di Bergamo».

Sono alberi di una bellezza imponente, capaci di emozionare

Degli alberi monumentali censiti sul territorio, il più alto, con i suoi 50 metri, è l’abete bianco di Roncobello, lungo la strada dell’alpeggio Mezzena, a Peghera. Quello con la circonferenza di fusto maggiore, 683 centimetri, è invece il cedro dell’Himalaya di parco Frizzoni, a Pedrengo. Sovrastano gli altri anche i due faggi monumentali di Oltressenda Alta, appena inseriti nell’elenco. Si trovano all’alpeggio Verzuda, presso la Baita Bassa della località Moschen. Uno è singolo e l’altro s’inserisce in un gruppo di 5, vicino al bosco: «Hanno circa 400 anni – racconta il sindaco, Giulio Baronchelli -. Probabilmente, soprattutto nel caso del faggio singolo, sono piante che in passato avevano la funzione di riparo per gli animali. Si riconoscono a prima vista. Mi auguro possano diventare un’ulteriore attrattiva per la zona. Per ammirarli basta lasciare l’auto in località Spinelli e fare una camminata non impegnativa di circa un’ora e mezza››.

Dal nuovo elenco è stato invece eliminato l’olmo siberiano dell’Oasi di Seriate: «Purtroppo abbiamo dovuto abbatterlo tempo fa – spiega il sindaco di Seriate, Cristian Vezzoli –. Si trovava nei pressi dell’area aeroportuale e creava problemi di sicurezza. Nonostante la massima attenzione per il verde, sia nostra che di Sacbo, non c’erano alternative».

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