Quando la Cassa integrazione si trasforma in una beffa

In termini di tassazione il ricorso alla Cassa Integrazione Covid ha avuto effetti diversi a seconda dei comparti in cui il lavoratore opera. In alcuni casi i lavoratori si sono trovati a pagare pesanti conguagli fiscali. Questo perché l’INPS applica le detrazioni ai percettori della CIG senza tener conto del servizio prestato per diversi mesi del 2020 nella propria azienda. Il l risultato è che il dipendente si è ritrova con due CUD. Naturalmente l’Inps sapeva che questa sarebbe stata la conseguenza.

Per comprendere questo effetto perverso occorre ricordare che la Certificazione Unica rilasciata dall’Istituto viene gestita dalla stessa INPS, come se fosse l’unico rapporto in corso della lavoratrice o del lavoratore. L’INPS applica quindi una tassazione del 23% sulle cifre erogate e utilizza “interamente” le detrazioni da lavoro dipendente spettante al Cassintegrato.

In realtà queste detrazioni vanno spalmate su tutto l’anno e su tutto il reddito. Ciò provoca una tassazione quasi inesistente del reddito INPS che, però, quando si unisce al reddito erogato dall’azienda al lavoratore, fa scattare l’aliquota massima dello scaglione IRPEF di competenza dando seguito ad un esborso esagerato a seguito del conguaglio fiscale.

Ecco il caso di una lavoratrice che ha percepito dall’azienda una Certificazione Unica (CU) pari a 16.846,00 euro e dall’INPS una CIG per 120 giorni pari a 2.508,00 euro. A seguito del cumulo dei redditi la CIG si ritrova sottoposta a una tassazione del 27%. E così la dipendente si ritrova dover restituire all’erario 832,00 euro a giugno 2021 (salvo rateizzazione), e 331,00 euro a novembre 2021 per un totale di 1.163,00 euro.

Non finisce qui. L’INPS non avvisa i cassintegrati Covid dell’inoltro della CU. La quale viene inviata al cassetto fiscale dei percettori della CIG. Qualora gli interessati non fossero sufficientemente avveduti o non avessero la possibilità di collegarsi al cassetto fiscale, ometterebbero di effettuare il conguaglio pensando di essere già in regola. Ma così verrebbero automaticamente accertatati dall’Agenzia dell’Entrate che conosce i redditi erogati al lavoratore dipendente, per via del modello 770 inviato dall’azienda di appartenenza e dallo stesso INPS.

Per evitare situazioni simili basterebbe procedere a ritenute più consistenti sulla CIG, applicando l’aliquota media Irpef e tenendo presente la situazione complessiva del lavoratore. che abbiamo segnalato

Sandro Colombi, Segretario generale UILPA

Maurizio Narcisi, Segretario UILPA Roma e Lazio

Roma, 2 agosto 2021

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