(Foto di Ph: Giorgia Troncon)
Ogni vita un racconto / Bergamo Città
Giovedì 30 Ottobre 2025
Stelle cadenti per alimentare la speranza
Nadia Antonello e Paolo Ghezzi presentano un’installazione al Cimitero, tra mancanza e desiderio, nella magia di «Contemporary Locus 17» a cura di Paola Tognon
(Foto di Ph: Giorgia Troncon)
C’è una parola che, più di altre, tiene insieme chi resta e chi se ne va: desiderio. Viene dal latino de-sidera, «mancanza delle stelle». È ciò che proviamo quando il cielo si svuota, quando qualcosa o qualcuno non c’è più, eppure continuiamo a guardare in alto, a cercare. Il desiderio nasce da un’assenza, ma non è mai vuoto: è lo slancio che ci tiene vivi, la promessa che qualcosa può ancora accadere.
Nel Cimitero Monumentale di Bergamo, dove la città dei vivi si incontra con quella dei morti, questo sentimento prende forma grazie al duo bolognese «Antonello Ghezzi», composto da Nadia Antonello e Paolo Ghezzi, tra i protagonisti di «Contemporary Locus 17», progetto a cura di Paola Tognon. Il loro intervento artistico, ancora segreto nei dettagli, porterà nel Monumentale un segno di luce: un ponte tra terra e cielo, un gesto poetico e scientifico che unirà battiti umani e dati celesti.
Dal 28 ottobre, per un mese, ogni volta che una stella attraversa il cielo nel bacino del Mediterraneo, una scia luminosa si accenderà sopra il muro del Monumentale. Sarà un piccolo miracolo visibile, un respiro che attraverserà il tempo e lo spazio, ricordandoci che anche nell’assenza continua a muoversi qualcosa.
«Quando abbiamo fatto il primo sopralluogo era una giornata grigia, pioveva», raccontano. «Eppure, quel luogo ci è apparso subito maestoso, con una sua energia quasi sospesa. Ci siamo chiesti cosa avremmo potuto fare per portare un contributo in questo luogo così immenso».
(Foto di Yuri Colleoni)
Il progetto arriva a Bergamo dopo aver attraversato Madrid, Atene, Santiago del Cile, Beirut e l’Argentina. «In fondo, ci è stato chiesto qualcosa di “monumentale”», sorridono. Ma dietro la leggerezza del tono, la loro riflessione è profonda: «Non vogliamo perdere il legame con il cielo. La visione del cielo stellato è uno specchio per conoscere noi stessi, un modo per riconoscerci come umanità. Non c’è il sotto senza il sopra: pensiamo a un’unità». Il desiderio, per loro, è una forma di continuità: «È quando hai una mancanza che puoi desiderare. La mancanza è una condizione necessaria. In fondo, non sappiamo se la morte è davvero la fine. Ma anche oltre la fine, continuiamo a sperare e a immaginare».
Il duo «Antonello Ghezzi» lavora spesso sul confine tra rigore scientifico e incanto. Collaborano da anni con astronomi e osservatori, costruendo installazioni che traducono fenomeni celesti in gesti visibili, umani. «Non abbiamo competenze scientifiche, se non quelle che abbiamo maturato grazie alla pazienza di chi ne capisce», spiegano. «Ci presentiamo sempre come sognatori ignoranti. A noi piace partire da un’idea poetica, dando le però un fondamento tecnico. La precisione non toglie poesia, la aggiunge. È come se artisti e scienziati si mettessero insieme: noi andiamo a caccia di stelle cadenti, anche se poi scopriamo che non sono né stelle né cadenti, ma frammenti che impattano l’atmosfera».
La loro opera per Bergamo sarà attiva giorno e notte, come un respiro che collega costantemente il cielo e la città. «Ci piace pensare che non si debba aspettare il 10 agosto per esprimere un desiderio», dicono. «Puoi farlo in ogni momento. È sempre il momento giusto per desiderare».
Nel cuore del Monumentale, questo gesto diventa anche un atto collettivo, una cura condivisa. «Ricordarci che siamo qui, che viviamo e moriamo, ma nel frattempo succede altro. Ci piacerebbe far pensare alle persone che possono immaginare una realtà diversa. Sono cose che succedono nelle favole, noi vogliamo farle accadere nella realtà, perché uno possa crederci per davvero».
E così, tra le architetture del silenzio, una scia di luce si accenderà davvero ogni volta che una stella attraverserà il cielo. A ricordarci che il desiderio, anche nella mancanza, è sempre un modo per tornare a vivere.
© RIPRODUZIONE RISERVATA