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Futuro incerto e più stress : dipendenti travolti dal post- pandemia

Articolo. In esclusiva Skille presenta i dati della ricerca Capterra sulla salute psico-fisica dei lavoratori dopo l’emergenza sanitaria: tutto è cambiato. Preoccupazione, tristezza, insonnia, limiti alla memoria, tensioni: sono i sintomi più diffusi in almeno sette persone su dieci. Solo il 37% definisce “buono” il proprio stato di salute, era al 50% due anni fa.

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Benessere psico-fisico in azienda: i nuovi trend

Senso di isolamento e grande incertezza per il futuro. Sono queste alcune delle cicatrici riportate da oltre 1.000 dipendenti di piccole e medie imprese italiane intervistati nell’ambito di una ricerca di Capterra riguardante l’impatto della pandemia sulla salute mentale dei lavoratori, che Skille è in grado di anticipare in esclusiva. Dall’indagine emerge un dato chiaro: «La metà (50%) degli intervistati ha reputato buono il proprio stato di salute mentale prima della pandemia, mentre il 22% lo ha reputato eccellente».
La situazione è però cambiata con il diffondersi del Covid e delle misure di sicurezza che hanno costretto al distanziamento forzato le persone. Il numero degli intervistati che hanno valutato come buono il proprio benessere mentale a seguito del primo anno di pandemia, si legge nello studio, è sceso al 37% mentre solo l’11% si è tenuto su un giudizio di eccellenza.

Il Covid non sembra aver quindi risparmiato la salute mentale dei lavoratori, facendo registrare un netto calo nella percezione del proprio benessere psico-fisico, soprattutto dopo il primo anno di lockdown in cui molte persone hanno fatto della propria casa il proprio spazio di lavoro, generando troppo spesso situazioni di esaurimento o stati di ansia e depressione.

A questo proposito lo studio ha rivelato una serie di campanelli d’allarme relativi al livello di stress sul posto di lavoro. «Alla domanda sui sintomi che hanno sperimentato in relazione al loro lavoro, anche se il 31% ha detto di non aver sofferto di nessuno di quelli menzionati nel sondaggio, altri intervistati hanno riferito:

  • Problemi di concentrazione (28%)
  • Sentimenti di tristezza (26%)
  • Senso di preoccupazione costante (26%)
  • Problemi di insonnia (24%)
  • Problemi di memoria (20%)
  • Sintomi fisici, come vertigini, tensione o dolore muscolare, problemi allo stomaco, dolore toracico o battito cardiaco accelerato (19%)
 

L’effetto sulla qualità del lavoro

Non si tratta però soltanto di un problema personale, gli effetti negativi si riversano anche sulle prestazioni lavorative dei singoli.Questi segnali, dicono gli esperti, non devono passare sottogamba poiché è risaputo che i lavoratori che godono di una buona salute mentale favoriscono un ambiente più produttivo. Se un lavoratore è soddisfatto della sua dimensione psico-fisica tende a volere rimanere presso la propria azienda, aumentando di conseguenza la reputazione dell’organizzazione come ambiente di lavoro capace di prendersi cura dei propri dipendenti anche dal punto di vista del benessere fisico e mentale. I vantaggi dell’avere un buon ambiente di lavoro non sono quindi soltanto per i singoli, ma anche per l’azienda che potrà ottenere dai propri lavoratori prestazioni migliori. Si dice spesso che laddove ci sono dei problemi la cosa migliore è affrontare la situazione parlandone con chi di dovere. Tuttavia, non in tutti i luoghi di lavoro sembra funzionare allo stesso modo.

Per raggiungere questo obiettivo, il report di Capterra offre addirittura qualche consiglio alle Pmi. «Per monitorare il carico di lavoro e la capacità dei propri dipendenti, è auspicabile l’utilizzo di software di gestione dei progetti. Questo tipo di sistemi aiutano a gestire in modo organizzato un progetto attraverso l’assegnazione di compiti e scadenze. In questo modo risulta più semplice bilanciare il carico di lavoro dei propri lavoratori in base alle risorse a disposizione».

L’impresa, primo interlocutore per un aiuto

Si dice spesso che laddove ci sono dei problemi la cosa migliore è affrontare la situazione parlandone con chi di dovere. Tuttavia, non in tutti i luoghi di lavoro sembra funzionare allo stesso modo.

Secondo i risultati dell’indagine, il 17% dei dipendenti che pensavano di soffrire di problemi di salute mentale ha detto di non sentirsi a proprio agio nel parlarne al proprio datore di lavoro per farsi aiutare o sostenere. Inoltre, sempre secondo lo studio, la stessa percentuale di persone ha affermato che il proprio datore di lavoro non ha mai chiesto informazioni sulla propria salute mentale dall’inizio della pandemia.
La maggior parte degli intervistati (45%) ha poi riferito di sentirsi “abbastanza” o “molto a proprio agio”, mentre un terzo (34%) “né a proprio agio né a disagio” ad affrontare il tema. Tuttavia, il 21% ha dichiarato di sentirsi “abbastanza” o “molto a disagio”, il che significa che quasi 1 intervistato su 5 ha difficoltà a sollevare l’argomento. «Non stupiscono – dicono gli analisti di Capterra - i dati secondo cui un terzo degli intervistati (31%) al peggiorare del proprio stato benessere psichico non ne parlerebbe con nessuno dei propri colleghi, ma si affiderebbe a risorse esterne; mentre il 27% ne parlerebbe con un collega e il 17% con il proprio manager».

I fattori di rischio per i dipendenti

Il tema è spinoso e non è facile per i datori di lavoro capire da dove iniziare per affrontarlo con i propri dipendenti. Tra gli altri spunti offerti alle Pmi dallo studio si suggerisce di «condurre un sondaggio anonimo per indagare lo stato di salute mentale dei propri dipendenti utilizzando un programma di sondaggio. Questo può aiutare a identificare i fattori di stress e i rischi per il benessere dei dipendenti». Tra le azioni intraprese più comuni vi sono poi l’ascolto dei propri dipendenti (37%), l’incoraggiamento a prendere qualche giorno di riposo (35%), nonché la disponibilità a riequilibrare i carichi di lavoro (20%).

 

Non c’è dubbio che lo scenario pandemico abbia rivoluzionato non solo il nostro modo di lavorare (smartworking ecc.) ma anche il modo di concepire il lavoro, nonché lo stato di benessere psico-fisico a cui siamo sottoposti quando lavoriamo.
Nonostante la ripresa e il miglioramento di molti indicatori, il Covid sembra aver procurato ferite alla salute mentale delle persone che devono ancora essere rimarginate. Non tutte le Pmi sono allo stesso livello di consapevolezza su un tema che dovrebbe essere la priorità per ogni organizzazione che ambisce ad essere leader: «Il 42% degli intervistati ritiene che la salute mentale nella propria azienda abbia una priorità moderata, mentre il 22% ritiene abbia una priorità bassa».
Provando a guardare il bicchiere mezzo pieno, è però possibile riscontrare come si siano finalmente accessi i riflettori sullo stato di salute psico-fisico dei dipendenti, mostrando come la cura alla persona possa rappresentare una leva sempre più importante per garantire un sano diritto al lavoro, ma anche per mantenere alti livelli di produttività e far sì che i talenti migliori rimangano in azienda.

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