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Taglio sartoriale alla formazione. L’azienda-scuola disegna il posto per i talenti

bianca. Il processo di recruitment e la gestione dei migliori giovani è il motore verso l’impresa intelligente. Ma fra i due termini la formazione è diventata sempre più strategica. Esistono percorsi diversi e tradizionali. Da Fae Technology e Diapath due modelli innovativi

Lettura 10 min.

Il primo incontro deve essere nelle aule della scuola

Oltre 60 nuove assunzioni in 36 mesi, gli ultimi sei giovani presi a bordo alla fine di settembre, un organico oggi di 105 persone, l’85% di queste alla prima esperienza con un ambiente di lavoro, significa una pattuglia di giovani quasi tutti con meno di 29 anni.
Un ciclo di cinque incontri webinar iniziato a maggio scorso, l’ultimo sarà a novembre, oltre 1.090 fra tecnici di laboratorio e professionisti a seguire lezioni di esperti internazionali, a formare una community che racconta e condivide le migliori esperienze e di laboratorio, collegati da oltre 46 paesi nel mondo.

Fae Technology e Diapath: due modelli e due progetti distinti messi a confronto sul terreno della caccia ai migliori talenti (che significa ricerca, selezione, attrattività e on boarding di giovani appena usciti da università, Its, scuole tecniche professionali). E, dall’altra, percorsi di aggiornamento e di formazione continua che fanno leva sulle proprie risorse tecniche per rispondere alle nuove esigenze del mercato, sempre più internazionalizzato e tecnologico. Alla fine nel pacchetto formazione completo anche oltre 950 ore di formazione erogate, un aumento del 40% sull’anno scorso, oltre 120 persone formate in tutto il mondo.

Gianmarco Lanza

Ceo di Fae Technology

Fae Technology, laboratori a Gazzaniga e quartier generale al Kilometro Rosso, ha messo a terra un progetto di attrattività e di formazione on the job verso i giovani che, con la propria mini-Academy, ribalta l’approccio più tradizionale: si parte dalla ricerca e poi dall’incontro con gli studenti, si porta l’azienda nella scuola, si racconta che cosa fa l’impresa, quali sono le attività, qual è il valore sociale diffuso sul territorio. «Spieghiamo che vogliamo essere l’azienda ideale per i migliori giovani e in tutta trasparenza spieghiamo anche qual è il contributo che ci si aspetta da chi vorrà iniziare il percorso professionale con noi – spiega Gianmarco Lanza, Ceo di Fae Technology –. Tutto questo ci fa diventare subito attrattivi. E glielo diciamo ancora meglio così: fra di voi ci sono talenti e giovani capaci. Noi ci siamo, siamo qui e per voi possiamo essere un’ottima opportunità professionale». L’esigenza delle due imprese è intercettare nuovi talenti e mantenere la costanza di questo percorso. Esattamente secondo i nuovi approcci delle imprese formative. Skille ne aveva già parlato in questo servizio.

 

Diapath, sede a Martinengo, azienda specializzata nello sviluppo di tecnologie per il settore biomedicale, ha fatto un passo ulteriore sui percorsi formativi: ha costituito la propria Diapath Knowledge Academy, struttura dedicata per intercettare e formare direttamente un target diverso dai giovani: i professionisti di laboratorio di anatomia patologica. Li coinvolge su temi scientifici e offre interventi divulgativi e formativi su temi che consentono l’immediata applicabilità dei contenuti nella realtà lavorativa quotidiana.

Alberto Battistel

Chief Operating Officer di Diapath

«Diapath Knowledge Academy, con la sua proposta di webinar, è soprattutto una naturale evoluzione verso il mondo digital della necessità di rendere più efficace e pervasiva la divulgazione dei temi di laboratorio e la formazione continua all’interno di questo settore - spiega Alberto Battistel, Coo, Chief Operating Officer di Diapath- . Si tratta di una iniziativa innovativa di condivisione e dialogo all’interno di un cluster specifico di professionisti».

Posizioni modellate sulle abilità della persona

Rossella Roncalli

HR e funzione Education Fae Technology

Una prima visione, quella di Fae Technology, si concentra sui talenti, sui migliori giovani. Una strategia che prevede di fare “continuous recruitment”. In realtà, è un approccio che restituisce nuova centralità alla funzione delle risorse umane, che così si riprende nel post Covid il compito di essere più incisiva anche nel cambiamento dell’azienda uscita dall’emergenza sanitaria.
«La potenza del progetto è avergli dato un forte taglio sartoriale – spiega Rossella Roncalli, HR e funzione Education che in Fae Technology condivide con Francesco Rota -, calato nella nostra specifica realtà d’impresa, dopo un lavoro sinergico e costante con le scuole e una selezione sia in termini di soft sia di hard skill. Un vero programma di on boarding, molto strutturato e con un piano formativo full immersion. Ogni ragazzo occupa una posizione precisa – spiega Rota -, ma modellata e decisa sulle potenzialità e abilità di ciascuno. Non gli abbiamo chiesto che cosa volessero fare: ma abbiamo creato sei job diversi e disponibili, uno per ciascuno, e li abbiamo portati a bordo in maniera sostanzialmente collegiale, a capire che cosa fosse meglio per ciascuno. Ne è uscita un’energia e una squadra con un grado di engagement altissimo. Ora in azienda abbiamo sei job che prima non erano ancora così ben definite».

Questo significa che non si prendono persone per riqualificarle, ma si finalizza la formazione dentro l’azienda, rendendola ancora più efficace. «Visitare gli istituti e parlare ai ragazzi dell’azienda è il nostro primo pillar di attrattività. Nelle scuole non portiamo solo i vertici dell’azienda - spiega Lanza -, ai ragazzi parlano i nostri tecnici, i responsabili delle diverse funzioni aziendali e spiegano che lavoro fanno, come lo fanno, che cosa gli piace. Gli dicono che da noi, prima c’è un’opportunità formativa retribuita e che poi può trasformarsi in occasione professionale».

 

La formazione è certificata Ipc, un titolo di valore e, anche nel caso non fossero scelti al termine del percorso formativo, al loro resta un titolo molto spendibile sul mercato del lavoro e delle competenze in elettronica. E anche questo è un valore. Il confronto quotidiano con professionisti e tecnici interni, trasforma questa prima fase della formazione quasi un vero lavoro. «Resta fermo il fatto che noi vogliamo essere il miglior posto nel quale ciascun ragazzo deve e può spendere il suo certificato Ipc. L’ultima esperienza è andata così: sei i ragazzi formati, li abbiamo assunti tutti e sei perché erano bravi - spiega Lanza –. Per tutti è stata un’esperienza virtuosa, coinvolti in un team di persone molto motivate, travolti da un’energia percepita importante perché sentivano di trovarsi nel miglior posto possibile dove spendere quella formazione maturata. I ragazzi hanno percepito questo effort aziendale come un segno di fiducia, di aiuto non solo per essere inseriti nel mercato del lavoro, ma perché in grado di stimolare valori come velocità, relazioni di squadra, dinamismo portati all’estremo. Sono valori che ritengo fondamentali in una impresa».

Fae è un’azienda giovane, innovativa, ex startup che ha avuto un’exit in tempi molto veloci, è flessibile, un organigramma molto orizzontale e una filiera estremamente corta. «Questo facilita molto la circolazione della nostra vision – spiega Lanza –, i valori aziendali fanno in fretta ad arrivare in modo capillare a tutti. Si crea così molto engagement aziendale. E i ragazzi apprezzano di sentirsi parte di un progetto aziendale in modo così diretto. Percepiscono che occuparsi di loro diventa un valore e lo si percepisce nell’aria. Diventa energia che deriva dal vivere l’impresa davvero».

 

Ma il modello potrebbe essere scalabile, almeno sul territorio, nel senso che, visti i risultati, potrebbe essere almeno condiviso il percorso con altre imprese locali. Del resto il problema di partenza è lo stesso: mancanza di profili adeguati per il proprio fabbisogno di personale. «Prima di condividere il modello, ritengo essenziale condividere la consapevolezza che alle persone, prima bisogna dare. Ho invece la sensazione - spiega Lanza - che l’imprenditore medio sia convinto di “dare lavoro” e questo gli è già abbastanza: do lavoro, corrispondo uno stipendio e verso il 64% di contributi. Quindi sono già un eroe.Questa è la loro attuale consapevolezza. Invece gli imprenditori dovrebbero superare la sensazione di sentirsi eroi e dovrebbero provare a mettersi nella testa e nelle prospettive che si è dato un ragazzo e quindi provare a ragione sui suoi “perché” e sui suoi “per come” professionali e di vita».

 

Rileggendo ora il modello formativo di Fae Technology, questo può voler significare che l’idea di partenza è va benissimo «retribuire ragazzi che probabilmente dopo potrebbero andare a lavorare altrove. Certo, noi ci siamo presi il beneficio di scegliere i migliori. Ma agli altri ragazzi è stato garantito un percorso che poi diventa un valore da poter spendere con altre imprese e sul mercato del lavoro. Questo ritengo sia uno scambio di valore».

Francesco Rota

Hr e funzione Education Fae Technology

Ma c’è ancora una differenza rispetto agli approcci più diffusi e tradizionali. «Il passaggio preliminare non lo fa nessuna azienda - spiega Francesco Rota, HR di Fae Technology -. Fae in questo posso dire che è un unicuum rispetto all’impostazione che viene data, pre-durante- dopo la formazione. Le aziende strutturate hanno modelli più tradizionali, e la gran parte delle nostre piccole e medie imprese non si mette in gioco. Magari sviluppa dei progetti di alternanza scuola-lavoro, dove ogni studente sviluppa un project work finalizzato alla risoluzione di quel problema per l’azienda, ma poi finisce lì. Non c’è la volontà nemmeno di strutturare un rapporto sinergico con le scuole del territorio. Perché se siamo qui ora - cnclude Rota - è perché tre anni fa abbiamo iniziato a bussare alle porte degli istituti per conoscerci, per spiegare che cosa mettevamo in gioco, che cosa avremmo dato in cambio e solo dopo abbiamo strutturato tutto un percorso che ci ha portato a costruire l’Academy. Il mercato del lavoro è profondamente cambiato. Quando c’è la volontà dell’imprenditore di volerlo affrontare, ci si accorge poi che più di tutto manca la consapevolezza di affrontare in modo diverso e con nuovi modelli il problema, percorsi per dare ai ragazzi qualcosa in più, con un nuovo valore, modelli che siano scalabili, che diano delle prospettive e alla fine creino delle opportunità reali e concrete».

 

«Le attività delle Academy diventano asset strategico»

Diapath apre la strada per un ulteriore percorso di formazione. Sede a Martinengo, azienda specializzata nello sviluppo di tecnologie per il settore biomedicale, ha strutturato la sua formazione intorno all’attività della propria Diapath Knowledge Academy, struttura appositamente costituita e dedicata per intercettare e formare direttamente un target diverso dai giovani: i professionisti di laboratorio di anatomia patologica. Ogni professionista, ogni tecnico viene coinvolto su temi scientifici e offre interventi divulgativi e formativi su tecniche e pratiche che consentono l’immediata applicabilità dei contenuti nella realtà lavorativa quotidiana.

«Diapath Knowledge Academy, con i suoi webinar, ha rappresentato inizialmente una prima risposta all’emergenza pandemica, oggi è soprattutto una naturale evoluzione verso il mondo digital della necessità di rendere più efficace e pervasiva la divulgazione dei temi di laboratorio e la formazione continua all’interno di questo settore spiega Alberto Battistel, Coo, Chief Operating Officer di Diapath - . Si tratta di una iniziativa innovativa di condivisione e dialogo all’interno di un cluster specifico di professionisti, con contributi e interventi di scenario realizzati da professionisti selezionati in giro per il mondo per rafforzare, ovunque, la cultura di laboratorio». Ne esce in sostanza un’istantanea di best practice, un collage di esperienze e di vissuti in giro per il mondo. Tanto che da questi confronti sono stati selezionati i migliori contributi in preparazione al secondo ciclo webinar previsto a partire da novembre, che si concentrerà sugli ”Scenari e le evoluzioni in laboratorio».

 


Diapath ha ingaggiato Antonella Savio, anatomopatologa del Marsden Hospital di Londra, proprio per offrire contenuti divulgativi e formazione scientifica con un’agenda articolata di webinar. Ogni intervento è studiato su misura per le necessità di tecnici di laboratorio, professionisti di anatomia patologia e anatomopatologi.
Ma si tratta di un approccio che Diapath ha già esteso anche alle competenze interne, con Diapath Academy e Diapath Academy Digital («formazione digitale è soprattutto creare cultura, in un settore come quello dell’anatomia patologica, dove le competenze evolvono velocemente), due strutture dedicate alla formazione continua. «Investire in formazione è un costo, ma non avere personale esperto ha un prezzo ancora più alto. Oggi leader del mercato - spiega ancora Battistel - è colui che è in grado di proporre prodotti di alto livello e qualità, ma riuscendo a trasferire al cliente tutte le informazioni importanti sul prodotto attraverso il personale altamente specializzato». Le attività di formazione messe in campo da Diapath Academy vanno in questa direzione. «Supportano lo sviluppo del know-how tecnico e manageriale del personale e dei distributori e sviluppa accordi con università e associazioni di settore e gestisce l’orientamento e il reclutamento dei dipendenti».

 

Si apre qui un ulteriore fronte di approfondimento. il valore e l’apporto delle Academy aziendali. In questo senso Battistel non ha dubbi: «Sono il nuovo asset strategico delle imprese;che hanno consentito di perseguire la strada dell’innovazione attuando audaci cambiamenti dei loro modelli di business. Una delle soluzioni innovative più illuminate e coraggiose - sottolinea Battistel - è stata appunto quella di concentrare una sostanziale parte degli investimenti nel settore della formazione, rivoluzionando anche la stessa la concezione del learning. Si è scommesso sullo sviluppo delle risorse umane aziendali come vero asset strategico, trasformando il capitale umano in un fattore di successo da presidiare e sviluppare con continuità, metodo e focalizzazione al business».
E portato a terra significa «innovare il concetto di corporate Academy. Le Academy, che gestiscono in maniera strutturata crescita e innovazione, diventano sempre più il centro nevralgico societario- spiega ancora Battistel - che deve garantire competitività e cambiamento, oltre a un luogo fisico e virtuale in cui condividere saperi, valori, comportamenti e strategie». E alla fine, sul mercato, a prescindere dalla dimensione delle imprese dato che non è riservata solo ai grandi gruppi, riescono a valorizzare le leadership di business.

 

Gianmarco Lanza

Ceo di Fae Technology

talk

L’azienda si fa scuola. Il modello fortemente di percorso formativo alla fine porta l’azienda a trasformarsi in un ulteriore momento accademico. Ma il passaggio più importante lo devono fare gli imprenditori «limitandosi sul fronte dell’autoreferenzialità, perché certi meccanismi di engagement si creano con l’esempio, si creano con l’autorevolezza,altrimenti non si va da nessuna parte. Gianmarco Lanza in questo è categorico: se il modello non è davvero sposato, se non si sente di far parte tutti di uno stesso sistema, allora non può funzionare.

Si può dire che nasce un modello per il territorio?

Sarei molto felice se l’attività della nostra impresa e del nostro team possano dare un contributo al territorio, e essere un modello di ispirazione. Credo che il territorio abbia bisogno di queste iniziative, ma i nostri imprenditori debbano avere meno autoreferenzialità, certi meccanismi di engagement si creano con l’esempio e l’autorevolezza.

Qual è il limite che vede in questo passaggio?

Occorre solo un po’ più di consapevolezza. Abbiamo imprese con un know how come patrimonio aziendale incredibile e che potrebbero usare quella conoscenza per creare percorsi formativi eccezionali e con un pieno di energia, a differenza di noi che noi dobbiamo fermarci per natura su un layer che è solo tecnologico e non arriva al fronte applicativo.

Lo condividerebbe con altri imprenditori locali?

Apprezzo molto l’idea di l’open innovation anche sul fronte formativo. Ma la condizione necessaria è di essere sulla stessa linea d’onda. La condivisione non sia un ostacolo o un freno. L’immediatezza e la velocità sono alla base di questi progetti e ne determinano l’efficacia. Si potrebbe iniziare a condividere il modello ognuno lo pratica in base ai sui fabbisogni.

Ma la sfida di portarli a bordo è stata fatta, qual è il passaggio nuovo?

La sfida ora esattamente è saperli trattenere nel futuro. Anche se dico e ho detto a loro, in totale onestà, di sperare che facciano una intera carriera professionale non solo con me. Noi siamo i primi a voler promuovere un corretto dinamismo e mobilità professionale. Non possiamo volere i numeri uno e poi pretendere che si fermino tutta la vita da dove sono partiti. Anche il dinamismo, la mobilità professionale che condividiamo resta comunque un valore da promuovere, Credo che sia anche la dimostrazione della capacità di un ragazzo di scalare, perché il livello della sua competenza, della sua professionalità sono diventate superiori a quelle che l’azienda può offrirgli. Allora è giusto vedere che prenda il volo. E che la Fae Technology, in questo caso, sia stata il suo trampolino di lancio.

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