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Ogni dipendente è una startup, basta lasciarli liberi

Articolo. Si chiama «sircle leader»: è un modello innovativo di organizzazione aziendale applicato dalla Sorint di Grassobbio. Fa emergere e valorizza le idee i suggerimenti più efficaci per il business aziendale. Il valore e il motore è nel cancellare ogni gerarchia

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La creatività diventa una responsabilità

«Il modello si chiama «sircle». L’idea alla base è far emergere e liberare ogni forza interna importante per la nostra strategia di business proprio perché lavorano a contatto con i clienti. Obiettivo: riuscire a sprigionarle». Parte da qui Luca Pedrazzini, direttore generale di Sorint, società di servizi informatici, sede a Grassobbio, nel raccontare come ha stravolto la classica struttura piramidale della sua azienda , la stessa che all’interno di ogni impresa definisce le gerarchie funzionali. Ribaltata a favore di una struttura più «democratica e diffusa», capace di premiare l’iniziativa e lo sviluppo di idee.

«Un altro seme importante - continua - è stata la convinzione di Gianfranco Marilli, fondatore di Sorint, che credeva fortemente nella responsabilità creativa, di autonomia e di autogestione delle persone». Date queste premesse cinque anni fa, mentre l’azienda bergamasca passava da 500 a più di 800 dipendenti, ha avviato la sua trasformazione annullando l’organizzazione piramidale a favore di cellule di operatività interne, autogestite e funzionali.
Il modello Sorint è una sorta di unicum a Bergamo e sul territorio soprattutto se pensato per una grande azienda. I dipendenti sono tutti compresi in sircle, unità che ragionano e si comportano come reali startup interne. Il principio alla base è semplice: partendo dal rapporto con i clienti o dal ripetersi di alcune richieste, ogni dipendente di Sorint può avere un’intuizione, un’idea , un suggerimento per creare, perfezionare o sviluppare percorsi nuovi di business. A quel punto, se crede che la sua visione sia giusta non deve fare altro che applicare le “regole del gioco” e iniziare a “giocare”.

 

«Noi le chiamiamo regole del gioco, altre realtà la chiamano “Costituzione”. Ma il concetto non cambia - spiega Pedrazzini -. si tratta di trenta passi da percorrere tenendo rafforzando la propria idea. Se alla fine della verifica l’intuizione regge, allora si può trasformare in sircle e dare inizio a un nuovo servizio».

Tutti possono diventare leader di un sircle. Il primo passo è definire la “value proposition”, cioé defiire l’obiettivo di questa unità di lavoro. Quindi scegliere la squadra, individuare chi è pronto a lavorare ricoprendo una serie di ruoli, alcuni dei quali comuni perché obbligatori a ogni sircle, altri esclusivi del proprio progetto. Qui si annida un’altra grande innovazione: prevedere la netta distinzione fra membri e ruoli. I primi sono persone, gli altri sono compiti . Un singolo dipendente può ricoprire più ruoli in base alle sue capacità. Non solo, ognuno è invitato a far parte di più sircles, sperimentando così ruoli differenti.

Ruolo e compiti non si scambiano

Parallelamente alla definizione del team e degli obiettivi, il leader deve pensare alla sua formazione per poter creare un business plan da presentare per la valutazione del progetto. Per questo Sorint ha predisposto un software che permette di creare un piano efficace, snello, capace di dettagliare un percorso di business in una sola pagina, in dieci parti.

È lo stesso Pedrazzini che spiega come le regole del gioco siano state scritte per dimostrare se un’idea ha dignità di decollare o meno: «Ammetto di aver visto nascere proposte su cui personalmente ero molto dubbioso. I loro leader avevano compiuto correttamente tutti i 30 passi e a quel punto nessuno li ha più potuti fermare. Nemmeno io, e dico per fortuna, perché hanno avuto tutti successo. Allo stesso modo, persone che non avrei mai pensato potessero diventare leader si sono rivelati ottime “guide”, e altri che immaginavo pronti per prendere le redini di un sircle un’illusione completa».

Attualmente in Sorint esistono un centinaio di cellule autonome di lavoro, orientate sia ai clienti, sia al lavoro interno. Ognuna di loro è organizzata e strutturata in modo che tutti riconoscano l’autorità del leader che la gestisce. Sapendo anche che il leader, ed è un’altra peculiarità dell’organizzazione, non ha alcun potere economico con cui esercitare il suo ruolo. La leadership deve essere riconosciuta per capacità e competenze, nessuno si aspetta premi in denaro o aumento di stipendio. «Tutta la gestione economica è affidata a un sircle dedicato che si occupa espressamente di confrontarsi con i leader e gli altri membri per definire il controvalore economico più congruo per il lavoro svolto in Sorint».

Esistono poi figure esterne a queste cellule di produttività auto organizzate che ne controllano l’operato e intervengono in casi specifici. Un leader o un sircle infatti possono essere rimossi se non adatti o se l’obiettivo non è più valido. «La responsabilità all’interno di ogni unità è chiara - aggiunge Pedrazzini, -, come i ruoli. Così ogni unità può evolversi in seguito a influenza e esterne, per esempio per l’andamento del mercato, il mutamento della clientela o per una reazione interna. Così come può capitare che un sircle venga assorbito da un altro».

Al centro del modello c’è l’idea di lavorare per verificare come poterla fare funzionare: solo dopo diventa un progetto di sviluppo

Uno dei problemi principali di questa gestione si ha quando due sircles devono lavorare insieme sullo stesso progetto. Non può esserci un terzo leader, sopra tutti, perché verrebbe in contraddizione con il principio di assenza della gerarchia piramidale. I sircles, così, sono obbligati a lavorare insieme, decidendo autonomamente come organizzarsi. Ma gli effetti non sono mai negativi: «Sono certo di aver perso investimenti in passato perché due sircles non si sono messi d’accordo nel lavorare insieme- confessa Pedrazzini -. Ma alla fine, la crescita economica evidente è certo legata e influenzata da questo modello innovativo di organizzazione».

Andrea Farè

Socio fondatore di Leapfrog, società di consulenza aziendale

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Andrea Farè è uno dei soci fondatori di Leapfrog, società di consulenza che lavora con le aziende di tutta Europa aiutandole ad avviare la conversione verso uno specifico metodo di self management chiamato holacracy, teorizzato da Brian Robertson, programmatore statunitense.

Uno dei freni che gli imprenditori lamentano più spesso a questa trasformazione è di non essere adattabile al proprio settore. È una osservazione corretta?

Non c’è nulla di più sbagliato. Il self management non è un modo di organizzare uno specifico settore, è una grammatica differente. Cambia il modo in cui si fanno le riunioni, come ci si ingaggia e si fa interazione: è adattabile a ogni ambito.

Il self management richiede alcune regole ben definite, anche questo spaventa ?

Questo e anche il fatto che si pensa sempre che rompere l’ordine costituito porti a una distruzione invece di liberare energia. Le regole ci sono, devono essere chiare. La piramide gerarchica, invece, ha due regole chiave, la prima è che se sono capo ordino, la seconda è che se sei sottoposto ubbidisci. Sembra semplice, in realtà questo meccanismo apre una serie di distorsioni che rovinano il clima interno».

Ma aiuta a trovare talenti fra i propri dipendenti?

Sì assolutamente, perché rompe gli schemi esistenti ed elimina ogni competizione interna. Se non devo aspettare anni di anzianità lavorativa per farmi notare o per realizzare la mia idea non ho bisogno di competere con i miei colleghi, creando il segreto su alcune operazioni o mettendo i bastoni fra le ruote. I talenti emergono prima e meglio.

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