Bloccato in Cina da oltre un anno
Ora l’imprenditore di Almé è libero

È stato liberato e sta tornando in Italia Valentino Sonzogni, l’imprenditore di Almé bloccato in Cina da oltre un anno.

Come preannunciato dal ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Enzo Moavero Milanesi, la Farnesina conferma che è appena partito da Pechino, per rientrare in Italia, il bergamasco Valentino Sonzogni, a seguito della rimozione, da parte delle Autorità cinesi, del divieto di espatrio da esse deciso un anno fa nei suoi confronti in esecuzione alla normativa locale in materia di diritto societario.

Valentino Sonzogni, di Almè, è rimasto bloccato in Cina un anno per una vicenda fiscale per la quale, tra l’altro, non è stata formulata nessuna accusa nei suoi confronti. Un debito che Sonzogni ignorava e del quale è venuto a conoscenza quando si è presentato all’aeroporto di Pechino, dove gli hanno impedito di imbarcarsi. Lo scorso 3 agosto familiari e amici hanno organizzato una manifestazione di solidarietà davanti al consolato cinese di Milano.

L’imprenditore in occasione della manifestazione aveva scritto una lettera appello: «Per noi italiani il Ferragosto è uno dei momenti clou dell’anno, che segna l’apice dell’estate ma anche la sua fine imminente, quando tutti dovranno tornare al lavoro, alla scuola, alle occupazioni quotidiane – scrive l’imprenditore –. Essendo trattenuto in Cina dal 1° dicembre 2017, ormai ho provato questa sensazione lungo tutto il corso dell’anno. Ed eccomi, in un lampo, arrivato a Ferragosto, quasi nove mesi della mia vita bruciati in una situazione assurda, che ancora non riesco a spiegarmi, tuttora senza una via d’uscita, prigioniero per via di una burocrazia cinese cieca, crudele, disumana, insensata, ma anche a causa di un governo italiano che continua a rifiutarsi, dopo tanto tempo, di fare quello che è necessario per ridarmi la libertà. Perché se da un lato le autorità cinesi si accontentano di torturarmi a tempo indefinito invece di perseguire i responsabili della frode fiscale che conoscono già, dall’altra parte il nostro Stato si limita a chiedere timidamente di lasciarmi andare, ricevendo puntualmente umilianti risposte negative senza motivazioni accettabili, mentre invece dovrebbe prendere seri e pesanti provvedimenti. In nessun Paese civile sarebbe immaginabile un trattamento come quello che sto ricevendo io in Cina, e nessun Paese civile dovrebbe consentire che un suo cittadino venisse sequestrato e tenuto in ostaggio da uno Stato straniero a tempo indeterminato senza avere fatto nulla e senza essere accusato di nulla. Un trattamento che non solo massacra il sottoscritto, ma che svilisce ed umilia le nostre fragili e tremolanti istituzioni. Finché avrò voce continuerò a chiedere aiuto, perché io rivoglio indietro la mia vita di italiano libero, onesto e lavoratore, che si è visto privare senza motivo del bene più prezioso: la libertà».

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