«Frane, a rischio il 9% del territorio»
Coldiretti: situazione preoccupante

Dopo gli smottamenti di lunedì, l’associazione all’attacco.«Basta una pioggia un po’ più intensa – spiega - e il terreno cede».

Il 9% del territorio bergamasco è a rischio frane e l’84% dei Comuni ha aree a pericolosità elevata. Lo rivelano i dati dell’Istituto per la protezione dell’ambiente e, dopo gli ultimi smottamenti causati dal maltempo a Mezzoldo e Riva di Solto, l’allerta torna a salire. «Basta una pioggia un po’ più intensa – spiega la Coldiretti – e il terreno cede. Sono segnali evidenti di un dissesto idrogeologico sempre più diffuso, che mette a rischio territori e centri abitati oltre che l’incolumità di molte persone». Nel frattempo, in montagna cresce il livello di pericolo per la presenza di lastre di ghiaccio e valanghe. Due alpinisti hanno rischiato di precipitare sull’Arera e il Soccorso alpino ha diffuso un invito a prestare la massima attenzione.

Coldiretti Bergamo evidenzia che secondo l’ultimo rapporto redatto dall’Ispra (Istituto per la Protezione dell’Ambiente) «Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischi», il 9,4% della superficie provinciale, la cui estensione è di 2.746 kmq, è classificata come area a pericolosità di frana elevata e molto elevata mentre i comuni interessati da questo fenomeno sono 49, pari al 20,1% del totale.

«I problemi interessano soprattutto le zone montane dove anche negli ultimi tempi si sono verificati smottamenti e frane di diversa gravità» sottolinea Coldiretti Bergamo. «In questi giorni a Riva di Solto una frana caduta sulla strada Rivierasca occidentale ha provocato disagi alla circolazione, a Mezzoldo uno smottamento ha coinvolto un’abitazione fortunatamente senza conseguenze mentre a Gandellino si è dovuti intervenire per ripristinare il torrente della Valle Pesel che ha scaricato in strada fango e detriti a causa delle abbondanti piogge». «Il quadro è estremamente preoccupante – prosegue Coldiretti Bergamo – anche perché gli eventi atmosferici estremi ed anomali sono ormai all’ordine del giorno. Dopo un lungo periodo di siccità le precipitazioni per poter essere assorbite dal terreno devono cadere in modo continuo e non violento, mentre gli acquazzoni aggravano i danni provocati dagli allagamenti con frane e smottamenti. Bisogna subito fare qualcosa, partendo da una seria e concreta politica di prevenzione e, contestualmente, aggiornare programmi e modalità di intervento in base agli effetti dei cambiamenti climatici. È necessario rivedere anche il nostro modello di sviluppo, con meno cementificazione e più attenzione all’attività agricola in queste aree fragili, per evitare lo spopolamento ed assicurare una costante azione di gestione e manutenzione dell’ambiente».

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