«Nel silenzio della montagna, in alto mio figlio è ancora accanto a me»

La storia Il ricordo di Annamaria Verzeroli: Claudio è morto a 26 anni sulla Presolana. Nell’oratorio di Parre una parete d’arrampicata lo ricorda.

Quando cammino in montagna e arrivo in alto, in certi luoghi immersi nel silenzio, ho spesso la sensazione di sentire mio figlio accanto a me, alle mie spalle, anche se lui non c’è più». La memoria per Annamaria Verzeroli di Parre è come una carezza. È come un soffio di vento fresco che allevia l’angoscia dei giorni trascorsi senza il figlio minore, Claudio Scarpellini, morto nel 2017 a 26 anni in una drammatica caduta, durante un’escursione sulla Presolana.

Claudio ha raggiunto il padre, morto nel 2013. Nella loro casa di Parre, affacciata sulle montagne, sono rimasti solo Annamaria e il primogenito Ivan ad affrontare l’assenza . Si sono fatti coraggio a vicenda, sono stati capaci, insieme, di far germogliare il dolore trasformandolo in energia positiva da mettere a servizio della comunità: «Abbiamo pensato di realizzare in suo nome qualcosa di concreto - racconta Ivan -, che fosse a disposizione di tutti. Così è nata una parete di arrampicata all’interno dell’oratorio di Parre».

La montagna era la grande passione di Claudio: «Il primo regalo che ha chiesto a Santa Lucia - sorride Annamaria - quando era ancora un bimbo, è stato un paio di scarponi».

Sentire il battito del cuore

Amava percorrere i sentieri, assaporare la quiete delle cime, non gli importava di perdere ore di sonno o di faticare. Ogni domenica si alzava presto e partiva: «Diceva che un’escursione in montagna gli faceva recuperare le forze per il resto della settimana - ricorda la mamma -. Mi trasmetteva la magia di arrivare in zone dove c’era solo pace e lui poteva sentire il battito del suo cuore. E stava lì, a riempirsi di bellezza. Era un modo per meditare, per schiarirsi i pensieri. Guardare tutto dall’alto, senza fretta, è un momento che ripaga qualsiasi sforzo. E - per chi ha fede - in alto ci si sente anche più vicini a Dio».

L’idea di costruire una parete di arrampicata che portasse il nome di Claudio è nata così: «Ne abbiamo parlato con il nostro parroco don Armando Carminati - continua Ivan - abbiamo passato in rassegna diverse possibilità. Stava sorgendo proprio in quel periodo la nuova struttura polivalente dell’oratorio, tutte le energie della parrocchia erano concentrate lì. Anche don Armando ama la montagna perciò questa proposta gli è piaciuta subito».

«La montagna era la sua passione, il primo regalo chiesto a Santa Lucia furono gli scarponi»

Nell’esercizio dell’arrampicata ci sono tanti aspetti interessanti sia per i piccoli sia per i grandi: «Bisogna riservare la massima attenzione ai movimenti e agli appigli - osserva Ivan - così non si avverte più alcun rumore di fondo, neanche in palestra. Può essere un modo per sgombrare la mente dai pensieri, per mettere ordine, per distinguere più chiaramente i propri obiettivi».

Claudio aveva iniziato a seguire i corsi di gruppo del Cai da bambino, poi aveva proseguito per conto suo, affiancato per anni da un accompagnatore.

«Ho iniziato ad apprezzare la montagna grazie a lui - precisa Ivan -. Negli ultimi anni, da quando nostro padre è morto, ancora di più. Claudio lavorava nell’azienda di famiglia e dedicava alle escursioni tutto il suo tempo libero, spesso anche in notturna, per arrivare in cima all’alba. La sera prima dell’incidente eravamo stati insieme a una festa, lui era tornato a casa prima, sapendo di doversi alzare presto. Era la mattina della vigilia di Natale. Quando è arrivata la notizia è stato per noi un momento davvero terribile».

Realizzare la parete di arrampicata all’interno dell’oratorio è stata una bella sfida: «Il parroco ci ha aiutato a prendere contatto con alcuni specialisti in grado di aiutarci a realizzare il nostro progetto, in particolare la Sint roc di Arco di Trento, una delle prime aziende al mondo a costruire strutture artificiali per arrampicata sportiva. Sulla parete abbiamo disegnato in modo stilizzato il cappello che Claudio indossava sempre, con i suoi colori preferiti, bianco e azzurro».

La struttura è stata realizzata nell’estate del 2019 e inaugurata il 10 novembre dello stesso anno. «È stato un momento molto emozionante per noi. Ci siamo buttati in questa nuova avventura, dando vita al gruppo di arrampicata all’oratorio. Purtroppo pochi mesi dopo la partenza è scoppiata la pandemia, e siamo stati costretti a fermarci. Abbiamo provato a ripartire a settembre del 2020, ma con le nuove chiusure l’attività è proseguita a singhiozzo. Quest’inverno abbiamo avviato nuovi corsi. Ora stiamo aspettando con impazienza di poter riprendere le aperture libere, compatibilmente con le norme anti-covid».

«Con il mio primogenito Ivan abbiamo pensato che fosse giusto ricordarlo così»

Nel frattempo nel novembre scorso i coscritti di Claudio si sono riuniti per ricordarlo in occasione del trentesimo compleanno e hanno promosso una raccolta fondi: «Grazie alla loro donazione - aggiunge Ivan, ora responsabile dell’attività - abbiamo acquistato corde nuove e un set di prese per l’arrampicata, che ci permetterà di tracciare percorsi diversi rinnovando completamente la parete. Abbiamo diversificato i percorsi e creato una zona boulder con difficoltà crescente adatta anche ai corsi per i principianti con i bambini. Il nostro sogno è che questo luogo sia sempre vivo e frequentato, adatto per prendere confidenza con l’arrampicata anche giocando, in modo informale. Questa era una delle poche attività sportive che a Parre mancava».

Ivan si occupa di tutta la parte organizzativa e amministrativa, coordina le aperture e la manutenzione: «Non sono esperto di arrampicata - osserva -, mi limito a fare da allievo, lascio la guida agli esperti. Ci siamo appoggiati a due palestre private per attivare i corsi, rivolti a diverse fasce d’età: dai 5 ai 9 anni, dai 9 ai 13 e dai 14 in su . I primi allievi ora stanno seguendo percorsi avanzati, man mano vorremmo ampliare le proposte creando nuovi corsi per principianti. Ci auguriamo poi che i ragazzi dopo aver provato si appassionino e continuino a venire ad arrampicarsi. Partecipano sia persone di Parre sia dei paesi vicini».

Potersi allenare in questo contesto ha anche un prezioso valore educativo: «Contribuisce - dice Ivan - ad alimentare l’attenzione e il rispetto per l’ambiente e la montagna. Un obiettivo importante dei corsi, a partire dalle prime lezioni, è quello di insegnare le norme di sicurezza, riducendo al minimo i rischi di questa attività. Se si agisce con buon senso e usando la testa ogni sport è sicuro. Il primo passo è proprio quello di imparare a proteggere i compagni di scalata. Non ci si può arrampicare da soli, bisogna quindi imparare a riporre fiducia negli altri e creare un legame di squadra. Nasce da qui una consapevolezza diversa nell’arrampicare, ma anche un modo diverso di stabilire relazioni con gli altri. Molti si arrampicano sempre con lo stesso gruppo proprio perché salendo insieme in parete nascono rapporti di fiducia reciproca, si impara a conoscere il modo di muoversi e di salire dei compagni. Fra i ragazzi che partecipano nascono belle amicizie, legami che si basano sull’ascolto e sul rispetto».

Intorno a Ivan si è formato un gruppo di volontari che contribuiscono alla gestione delle attività, comprese alcune persone che hanno seguito i corsi di arrampicata e poi si sono rese disponibili per offrire assistenza nei giorni di apertura libera.

«Il nostro gruppo sta crescendo - sottolinea Ivan - nonostante le difficoltà create dalla pandemia. A Parre il volontariato è ancora forte, anche nel settore sportivo, con un forte valore aggiunto dal punto di vista educativo e di attenzione ai ragazzi». Ivan è molto attivo, «passa più tempo all’oratorio che a casa», scherza la mamma. Si occupa anche della società dilettantistica di calcio, una realtà importante del paese. «Ci sembra prezioso - osserva - che bambini e ragazzi abbiano la possibilità di praticare diversi sport. Siamo stati felici di poter aggiungere un tassello grazie alla palestra di arrampicata, che aiuta anche a rafforzare la cultura della montagna».

Ci sono ancora tanti sogni da realizzare: «Ci piacerebbe molto creare una collaborazione con le scuole del territorio, offrendo laboratori e corsi su misura per le classi».

Anche questo fermento rafforza la memoria di Claudio, «sempre pronto a impegnarsi» come ricorda la mamma: «È una soddisfazione vederla apprezzata e utilizzata».

Quando Annamaria e Ivan pensano a Claudio, lo immaginano felice fra le sue montagne, come nei versi del poeta cinese dell’VIII secolo Li Po: «Nella stagione verde/ giace nei boschi vuoti/ e dorme ancora quando/ il sole alto risplende.../ Ha la testa appoggiata/ a un guanciale di nuvole azzurre».

«La serenità ritrovata»

Nonostante il trauma causato dall’incidente, Annamaria e Ivan hanno ripreso le loro passeggiate: «Quando sei un po’ inquieto, oppure triste - osserva Annamaria - camminare aiuta a ritrovare la serenità. Anch’io lo faccio spesso, scegliendo itinerari adatti alle mie forze».

Lo stesso fa Ivan: «Ogni tanto Claudio e io partivamo insieme e restavamo via per qualche giorno, fra i rifugi delle Orobie. Ho dei bellissimi ricordi di quelle gite. Ora quando salgo in quota continuo a sentire mio fratello vicino, anche se scelgo percorsi più semplici, perché era lui a spingermi a superare i limiti». Lo porta con sé, simbolicamente, con un tatuaggio tracciato sulla sua spalla: «Ci sono la sagoma della Presolana e gli omini della montagna, i segni che gli escursionisti posano per indicare il sentiero, soprattutto quando c’è la neve».

Annamaria e Ivan coltivano così - a modo loro - il coraggio del bucaneve, il fiore di famiglia, simbolo di speranza e di consolazione: «L’unico che sa sfidare la neve, e fa del freddo la sua forza».

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