L'altra Rio, artisti e artigiani
nel borgo di Santa Teresa

L’altra Rio. Non c’è solo Copacabana e il Carnevale. Nella capitale brasiliana c’è tanto da scoprire anche per il turista più esigente. Oltre alle spiagge ci sono quartieri appartati e frequentati da un mondo diverso da quello che si vede nei depliant dei grandi tour operator. E’ il caso di Santa Teresa, borgo che si trova ai piedi del Corcovado, uno dei colli che dominano la città. Per arrivarci bisogna prendere un taxi che sale una strada tortuosa o salire ripide scalinate che attraversano piccole favelas poco raccomandabili, oppure prendere lo storico tram giallo che sale e scende dalla collina, ma la fatica è ripagata.

Come una sorta di Boca di Rio de Janeiro, Santa Teresa è un vecchio quartiere popolare, poi diventato residenziale, che è stato completamente recuperato e trasformato in luogo di ritrovo di artisti e musicisti, con una concentrazione di botteghe d’artigianato, d’arte, antiquariato. Si respira creatività dappertutto: sul bordo della strada un vecchio Volkswagen maggiolino viene ridipinto di rosa e diventa una scultura moderna open air. Ma la regina del quartiere è la musica, la bossanova, la samba e tutti i ritmi sudamericani, che si sentono nelle strade e nei locali. I concerti improvvisatì sono una delle sorprese di Rio e soprattutto a Santa Teresa: band improvvisate si esibiscono nelle piazzette e nelle strade a ciottoli coi muri rallegrati dai graffiti o ridipinti a colori vivaci.

Ai piedi della collina c’è un altro rione caratteristico, Lapa. Il nome lo prende dagli Arcos do Lapa, un grande acquedotto - monumento costruito in epoca coloniale su modello romano, che passa sopraelevato ed è uno dei simboli della città. Ma il simbolo di Lapa è l’Escadaria Selaròn, una spettacolare scalinata di 215 gradini che è diventata un’opera d’arte da quando è stata interamente coperta di mosaici di vario colore, ma con la prevalenza del rosso, da un artista cileno che le ha dato il nome, Jorge Selaròn. Santa Teresa e Lapa sono collegate dal bondinho, lo storico tram giallo in servizio da fine Ottocento sempre coi viaggiatori appesi fuori, che transita anche sul binario unico degli archi di Lapa. Chi vuole può fare visite guidate alle favelas. Gli abitanti di Rio non ne vanno orgogliosi, ma sono diventate un richiamo turistico. Stime che sembrano attendibili parlano di un milione di persone che ci vivono.

Come in tante altre baraccopoli del mondo, sono delle città a sé, con regole e modi di vita propri. Si può dire che in ogni favela ci sono servizi e iniziative sociali e culturali nate spontaneamente e che col tempo sono diventate istituzioni stabili. Una fra tutte è la Casa della Cultura di Rocinha. Fondata nel 2003 da Gilberto Gil, grande cantante di samba e bossanova che è nato lì, tiene i ragazzi lontano dalla strada, organizza corsi di teatro, musica e pittura e punta a preservare una tradizione musicale che è nata tra quelle baracche. Vidigal, che si attraversa scendendo dalla foresta urbana del Parque Nacional de Tijuca, ospita per esempio la sede di una delle compagnie teatrali brasiliane che hanno avuto più successo all’estero, Nos de Morro, che interpreta il più profondo spirito carioca.

E anche il vecchio centro è fuori dai tour tradizionali, ma ha una sua anima e una sua vita. Il cuore è la Saara, attaccata alla city: completamente pedonalizzata, è un enorme bazar che si sviluppa in un dedalo di vie strette tra vecchi edifici coloniali e affollate, dove si trova di tutto a prezzi stracciati. Qui ci vengono i ceti popolari di Rio a far compere, anche di frutta e verdura, soprattutto nei banconi caratteristici del centrale Largo de San Francisco de Paola. Ma la zona di Saara ha anche qualcosa di casa nostra: nell’Ottocento, il commercio ha attirato immigrati provenienti dal Medio Oriente e ancora adesso ne è rimasta una traccia evidente nel gran numero di locali e ristoranti che hanno cucina mediterranea.

Giovanni Verga

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