Melodie danubiane
nella magica Budapest

di Mino Carrara

Il festoso lamento del violino canta la lode al Danubio. Le note sembrano danzare sulle onde che lentamente scorrono sotto il Ponte delle Catene, uno dei simboli di Budapest. Attorno il traffico ruggisce, ma non scalfisce le eterne melodie di Strauss.

Il festoso lamento del violino canta la lode al Danubio. Le note sembrano danzare sulle onde che lentamente scorrono sotto il Ponte delle Catene, uno dei simboli di Budapest. Attorno il traffico ruggisce, ma non scalfisce le eterne melodie di Strauss.

Lassù in alto, nella vecchia Buda, vegliano come sentinelle la chiesa di San Mattia, il Castello e il Palazzo reale. I riflettori sapientemente sistemati ne esaltano i contorni e la cupola della reggia fa il verso a quella del Parlamento che sulla riva opposta, nella «nuova» Pest, specchia le sue guglie illuminate nel Danubio.

Sulla città soffia il vento della primavera, una stagione della storia che l’Ungheria sta vivendo probabilmente per la prima volta dopo secoli. Ma primavera è anche la stagione nella quale la sua capitale si esalta: Budapest, in questi giorni, è un grande palcoscenico di iniziative culturali. Teatri, chiese, auditorium offrono spettacoli, balletti e concerti per tutti i gusti.

Si va dalla Tosca di Puccini, alle intramontabili melodie dei due grandi autori di casa Béla Bartók e Franz Liszt (anzi Liszt Ferenc come si chiama in ungherese lingua nella quale il cognome rigorosamente precede il nome).

Se «Fortissimo Budapest» – il Budapest Spring Festival – può essere il pretesto per trascorrere qualche giorno nella capitale ungherese (le manifestazione proseguiranno fino al 6 aprile), l’arrivo della bella stagione consiglia comunque un viaggio alla scoperta di una realtà che per troppi decenni, celata sotto la Cortina di ferro, è stata sottratta al resto del mondo.

E l’Ungheria sta vivendo una effervescente stagione culturale. Da sempre la Mittle Europa è stata fucina di sperimentazioni artistiche. E lo spirito magiaro – aplomb asburgico con una spruzzata di follia latina – è il terreno ideale per l’arte. Così a Budapest sono particolarmente numerosi atelier e gallerie d’arte. Ma è nel Magyar Nemzeti Galéria (la Galleria nazionale ungherese), che l’arte moderna trova la sua esaltazione. Ma nel Magyar Nemzeti Galéria – ospitato nell’antico Palazzo Reale sulla collina di Buda – l’arte moderna è solo una piccola parte della ricca collezione. La Galleria, infatti, è al tempo stesso sintesi e eccellenza dell’arte ungherese: dalla pittura, alla scultura alla grafica. Una rassegna di opere che partendo dal Medioevo attraversa stili ed epoche fino ai giorni nostri.

La collocazione alle pareti è ottimale con un’alternanza di spazi e opere che accompagna il visitatore, ma senza frastornarlo con un un ubriacante carosello di colori e soggetti. Un’eleganza espositiva nella quale soprattutto i paesaggi sembrano altrettante finestre aperte nelle pareti. Ma è fuori dal Palazzo, dal grande terrazzo, che si può ammirare il «quadro» più bello: è il panorama della città.

Lo sguardo corre dalla Cittadella dove troneggia una gigantesca statua della Libertà alla vecchia Obuda – il più antico quartiere di Budapest con le vestigia romane – all’isola di Margit Szidet (Santa Margherita). Come davanti a una gigantesca vetrina la Capitale offre i suoi gioielli: le superbe forme del Parlamento, i ponti sul Danubio che scorre lento e solenne, le austere forme della cattedrale di Santo Stefano e lontano sullo sfondo la Hösök Tere (la Piazza degli Eroi). La piazza è delimitata sullo sfondo da due colonnati semicircolari dove statue in bronzo celebrano i personaggi e i sovrani d’Ungheria, mentre al centro troneggia la grande colonna con l’arcangelo Gabriele sulla sommità e davanti il sacello del Milite Ignoto.

È la piazza dei musei, anzi del «museo»: il Szépmúvészeti Múzeum. Definirlo scrigno d’arte è riduttivo: è il trionfo delle Belle arti con opere, tra gli altri, di: Crivelli, Raffaello, Reni, Brugel, Murillo, Velazquez, Caravaggio, Leonardo. E ancora: Monet, Cézanne, Gaugin, PIcasso, Van Gogh. È un’ordinata «alluvione» di rare bellezze che accolgono e accompagnano il visitatore come tanti padroni di casa.

Ma un viaggio a Budapest esige una visita al Magyar Nemeti Múzeum, il museo storico dell’Ungheria. Fermarsi nelle sale che raccontano il Paese dalle sue origini, soffermarsi davanti a re Stefano il Santo che nell’anno 1000 fondò lo Stato magiaro, riscoprire l’epopea di Carlo d’Angiò, o ritrovare l’Ungheria asburgica con Maria Teresa, Giuseppe II e Sissi: è compiere una galoppata attraverso i secoli che regala emozioni.

Emozioni che diventano angoscia quando si arriva nelle sale del Novecento il secolo buio che ha visto il Paese subire mutilazioni territoriali – dopo la sconfitta nella Prima guerra mondiale – e finire sotto il tallone delle dittature più feroci della storia con persecuzioni e deportazioni fino all’alba della libertà.

L’alba della nuova Ungheria cominciata nel 1988 l’anno prima della caduta del Muro. Se il museo storico è la chiave per capire l’Ungheria moderna, per comprendere l’essenza del popolo ungherese è doveroso recarsi nel Parlamento dove è conservata la Sacra Corona di Santo Stefano.

Posta al centro del Parlamento sotto la grande cupola, vegliata giorno e da un picchetto d’onore, la corona è «il» simbolo del Paese nel quale tutti gli ungheresi ovunque residenti si riconoscono. È il testimone che passando da un sovrano all’altro incarna la continuità del Paese attraverso secoli costellati di guerre, dominazioni, momenti di pace e prosperità. Un Paese che ora sta finalmente vivendo la sua primavera.

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Eco di Bergamo Cartoline da Budapest