Rette per i Centri diurni disabili
Il Tar respinge il ricorso sulle rette

Il Tar di Brescia ha respinto la richiesta di sospensiva avanzata da un gruppo di famiglie contro l'accordo sulle rette di frequenza ai Cdd (Centri diurni disabili) che prevede la compartecipazione dei parenti al costo delle rette stesse. La sentenza riconosce che il protocollo impugnato è stato il risultato di un percorso partecipativo, ma senza norme più chiare gli interventi sociali nei Comuni risultano più a rischio.

Il protocollo era stato firmato il 10 marzo scorso. La firma era l'ultimo atto di un lungo e complesso lavoro che aveva visto la partecipazione dell'Asl, dei Comuni, dei rappresentanti delle famiglie (Coordinamento bergamasco per l'integrazione), del Terzo Settore (al cui interno erano presenti i patronati sindacali). La difficoltà ad approdare a una soluzione unitaria provinciale stava nella storia molto differenziata di ogni Comune: c'è chi pagava molto, chi pagava poco e chi pagava nulla o quasi. La soluzione adottata prevedeva una tariffa unica provinciale.

Un gruppo di famiglie del territorio di Romano presentò, contro la delibera che recepiva il protocollo provinciale, un ricorso al Tar il quale ora ha risposto rigettando la richiesta di sospensiva. Per la risposta definitiva di merito, però, bisognerà aspettare anni.

«Senza entrare in complessi dettagli tecnici – osserva Orazio Amboni, della Cgil bergamasca –, va ricordato che non mancano pronunciamenti anche diversi della magistratura amministrativa, Consiglio di Stato compreso, ma bastano quelli finora espressi per creare un clima di grave incertezza nella programmazione dei servizi sociali. È di immediata evidenza cosa succederebbe se di colpo i Comuni dovessero farsi carico in toto della spesa, ad esempio, delle rette per ricovero in case di riposo, finora sostenuta dalle famiglie dei ricoverati per la parte eccedente la disponibilità economica dei ricoverati stessi. Succederebbe che le risorse disponibili sarebbero interamente assorbite da questo tipo di servizio lasciando senza risposta altri bisogni: la domiciliarità, la povertà, i servizi educativi… La spesa sociale, infatti, deve tener conto di un equilibrio nella risposta a diversi bisogni ed è scorretto pensare che, grazie ad un cavillo giuridico, sia possibile mettere al sicuro se stessi, nell'indifferenza per la sorte degli altri».

«Nel caso dei Cdd, l'accordo potrà essere rivisto e migliorato, ad esempio sulle spese di trasporto o superando la retta unica e introducendo le fasce Isee, ma sempre col metodo del confronto e della partecipazione».

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